I pastori del presepe sono lavoratori
Un modello di comunità, quello attorno a Gesù bambino che si adopera per il bene comune. Gli auguri di un economista
Non ho mai prestato troppa attenzione ai personaggi minori che popolano i nostri presepi: il falegname, la lavandaia, il fabbro e tutti gli altri “attori non protagonisti”. Quest’anno però, per una serie di circostanze, sono stato indotto a soffermarmi sul ruolo di ciascuno, sulle loro caratteristiche e su ciò che ci vogliono dire. Sono innanzitutto lavoratori. Compiono i mestieri della tradizione, di casa, dei campi, artigianali, lavori diversi, ma ognuno si adopera a suo modo, anche attraverso l’attività economica, per il bene della comunità. E questa comunità poi, è lì nel presepe per accogliere il Divino che nasce in quella mangiatoia. In questo trova la sua principale ragion d’essere.
Allora, il primo augurio che vorrei fare ai lettori di Città Nuova, e specialmente ai giovani, è che essi possano trovare presto il loro modo per adoperarsi per il bene di chi gli sta accanto: con il lavoro, la partecipazione civile, l’impegno nel sociale, l’attenzione all’altro… sentendosi responsabili ognuno del bene dell’altro, ed insieme del bene comune.
Il secondo augurio, prende spunto dalla “mangiatoia” e dalla sua povertà; mi piacerebbe che questo Natale fosse un Natale sobrio e ricco allo stesso tempo. Sobrio di merci e di sprechi, ma ricco di beni, di relazioni, di senso e di reciprocità.
Il terzo augurio poi, riguarda “Chi” nasce in quella mangiatoia. Per dirla con il Poeta, mi auguro e vi auguro di essere ogni giorno più capaci di “tenere sempre almeno un piede nel Divino”.
Buon Natale