Fiamminghi e valloni di ogni parte politica hanno manifestato ieri a Bruxelles per chiedere ai loro leader politici ciò che avrebbero dovuto avere a giugno: un Governo.
L’hanno chiamata "La marcia della vergogna", ma da vergognarsi c’era poco. Perché la manifestazione per chiedere ai leader di partito belgi di arrivare ad un accordo per un governo dopo 225 giorni di negoziati, lanciata su Facebook senza troppe speranze, ha avuto un seguito inaspettato. Gli studenti che l’hanno ideata attendevano 15 mila persone: invece ce n’erano oltre il doppio, a sfilare ordinatamente tra la Gare du Nord e il Parc du Cinquantenaire.
Al di là dei numeri, il successo più importante pare sia stato un altro: «È stata davvero una manifestazione apartitica – racconta Marie, una delle partecipanti – senza alcuna bandiera né rappresentanti di partito, che si sono fatti da parte. Finalmente tutti i belgi, fiamminghi e valloni, di destra e di sinistra, sono uniti nel chiedere un governo». Per quanto la linea divisoria tra chiedere un accordo "di qualsiasi genere", rifiutandosi di entrare nel merito delle questioni politiche, e un genuino desiderio di risolverle sia sottile, nel Belgio in cui tutto è rigorosamente bilingue e diviso – dalle istituzioni pubbliche, alle scuole, alle indicazioni stradali – la risonanza non solo mediatica di un simile evento è notevole. La pazienza dei belgi è finita, e questa manifestazione l’ha pacificamente reso pubblico.
In realtà qualche scaramuccia c’è stata, quando un gruppo di estremisti del Taal Aktie Komite (Comitato per l’Azione linguistica) ha iniziato a sventolare bandiere fiamminghe e urlare slogan provocatori: ma la cosa si èrapidamente risolta con l’intervento della polizia, che ha arrestato 5 persone. Per il resto, tutto si è svolto nel rispetto dello spirito voluto dagli organizzatori.
Se tra molti c’è la sensazione di una svolta decisiva nell’opinione pubblica, alcuni – soprattutto di parte fiamminga, rappresentata da solo il 21 per cento dei partecipanti – non sono altrettanto ottimisti: «Ora alcuni politici Valloni – sostiene Dirk – sfrutteranno l’occasione per fare pressione sui partiti fiamminghi, in modo da giungere ad un accordo senza i separatisti della N-VA». E poco importa, a sentir lui, se i separatisti con il loro popolarissimo leader Bart De Wever sono il partito di maggioranza relativa: per i partiti minori, lasciarli fuori potrebbe essere un suicidio politico alle prossime elezioni. «Qualcuno – conclude – dovrà rinunciare alle proprie pretese: o i fiamminghi a quella di un governo con l’N-VA, o i Valloni a quella di non includerlo e accettare un piano di riforme. Credo sia difficile che riescano a trovare una soluzione di compromesso».