I paradisi fiscali tollerati in Europa
Il semestre italiano di presidenza dell’Unione europea si avvia rapidamente al termine previsto di dicembre 2014, ma il governo Renzi non sembra dare alcun cenno di risposta alla richiesta di un folto gruppo di economisti già riportata su cittanuova.it. Il gruppo di studiosi ha chiesto all’Italia di utilizzare questo semestre per convocare con urgenza una conferenza straordinaria per ridefinire le regole di una austerità niente affatto virtuosa e controproducente, tale, cioè, da spalancare le porte alla recessione.
L’appello è partito dopo un intervento dell’economista Leonardo Becchetti sul quotidiano Avvenire (“ La macroeconomia civile come antidoto ai mali di Europa”) condiviso, immediatamente, da un numero sempre maggiore e autorevole di docenti universitari che hanno, anche, nominato un comitato di garanti a livello internazionale. Non si tratta, quindi, di un esercizio accademico e astratto. Il caso si fa sempre più serio se, leggendo gli ultimi dati disponibili, lo stesso Becchetti, sempre su Avvenire, afferma che «l’Eurozona rischia di affondare come il Titanic perché mentre alcuni lanciano l’allarme dell’iceberg che si avvicina molti preferiscono rimuovere il problema ascoltando la musica dell’orchestrina sul ponte della nave».
Un fatto esemplare è la polemica esibita tra il presidente del consiglio italiano Matteo Renzi e il presidente della Commissione europea, Jean Claude Junker, di cui cittanuova.it si è occupata, su questioni marginali facilmente ricomponibili. Una tra le questioni reali che dovrebbe, invece, costituire oggetto di un nuovo accordo a livello europeo, riguarda la eliminazione dei paradisi fiscali interni all’Unione europea. Come è ben descritto nell’appello degli “economisti per una macroeconomia civile”, un nuovo accordo tra gli Stati deve esprimere «un forte impegno verso l’armonizzazione fiscale e la riduzione delle forchette eccessive nelle aliquote nazionali sulle imprese che producono elusione fiscale ed spostamento dei profitti alterando le stesse statistiche sulla crescita. Paradisi fiscali interni all’unione non potranno essere più tollerati e le pratiche più aggressive andranno considerate alla stregua di aiuti di stato».
A prescindere dalla fondatezza delle accuse che si stanno elevando, in questi giorni, da parte della rete dell’International consortium of Investigative journalists, contro Junker perché, da primo ministro del Lussemburgo, avrebbe agevolato alcune multinazionali alla ricerca di blandi trattamenti fiscali, resta il fatto, noto a tutti, che quel Granducato attira flussi miliardari di società, anche italiane, alla ricerca di imposte assai ridotte per i loro introiti.
E non è affatto un caso che riguarda solo il piccolo Lussemburgo. Qualcosa deve cambiare.