I padri nella fede e Benedetto XVI

Gli incontri tra il papa e gli ebrei sono stati segnati da tappe storiche, come il viaggio in Israele, ma anche da dissensi. Resta come eredità la grande attenzione umana e religiosa che Ratzinger ha avuto per tutti i suoi rappresentanti, anche per quelli che senza clamore mediatico lavorano per la pace e la riconciliazione
Il Papa nella sinagoga di Roma

L’onda di reazioni alle dimissioni di Papa Ratzinger si sta normalizzando anche se la notizia continua ad essere al centro di commenti, osservazioni e dibattiti, sia come bilancio di un papato che non si conclude con la morte del pontefice – cosa a cui nessuno era abituato e tantomeno preparato – sia per le prospettive future della Chiesa. Un occhio particolare, in questo momento, deve essere prestato alla lettura di questa svolta inattesa nella Chiesa da parte del mondo ebraico. Benedetto XVI, infatti, ha avuto una particolare attenzione per quella porzione di umanità che ha chiamato ‘padri nella fede’ dei cristiani, sostituendola alla già famosa definizione di ‘fratelli maggiori’, coniata da Giovanni Paolo II.

“È stato un amico del popolo ebraico” ha affermato con chiarezza David Rosen, direttore dell’Istituto Heilbrunn per la comprensione religiosa internazionale, in un commento sul sito di Haaretz. Proprio Rosen ha avuto in questi anni modo di costruire un rapporto personale profondo sia con il card. Ratzinger che con Benedetto XVI, che lo volle accanto a sè sia nel corso della sua visita in Israele che alla conclusione della Giornata di Assisi nel 2011, in ricordo dei venticinque anni dell’evento convocato da Giovanni Paolo II. Proprio l’aver continuato sulla linea del papato di Wojtyla è una delle caratteristiche di Benedetto XVI maggiormente apprezzate da parte ebraica “Ha continuato l’eredità del suo predecessore che ha segnato una svolta nei rapporti fra il Vaticano, Israele e il popolo ebraico”, ha affermato rav Rosen.

Lisa Palmieri Billig in un commento pubblicato dal Vatican Insider de La Stampa di Torino ricorda che papa Ratzinger, poco dopo la sua elezione, al termine di un’udienza con una delegazione di rappresentanti dell’ebraismo mondiale, nella quale accolse il gruppo con elegante modestia, “non rimase sulla sua poltrona papale per ricevere i visitatori in fila per salutarlo, ma camminò andando da una persona all’altra, stringendo le mani che gli si offrivano, intrattenendosi con ognuno, ascoltando e rispondendo senza fretta. Il suo sguardo incrociava quello degli altri sempre in modo profondo, mai distratto”.

In effetti, Ratzinger ha mostrato una attenzione particolare al mondo ebraico fin dall’inizio del suo ministero petrino. Nel suo primo viaggio all’estero, dopo la sua elezione, fece visita alla Grande Sinagoga di Colonia dove pronunciò un discorso memorabile, ricorda ancora la Palmieri. A questo ha fatto seguito un suo pellegrinaggio in Israele ed, infine, la visita al Tempio Maggiore di Roma. Una visita, ha affermato il rabbino capo di Roma, rav Riccardo Di Segni, che non sarà dimenticata. Proprio Di Segni ha definito Benedetto XVI un interlocutore “attento, prezioso e sensibile”, che “ha manifestato attenzione per le radici ebraiche del cristianesimo”. Ovviamente, lo ricorda proprio Di Segni, “non sono mancati inevitabili momenti di divergenza, ma il nostro rapporto si è sempre dimostrato di alto livello”.

La Palmieri-Billigricorda come, in questi otto anni di papato Ratzinger, non siano mancati, nel dialogo tra la Chiesa e gli ebrei, momenti di crisi. Ma, nota la giornalista “sono stati attenuati dall’abitudine ormai consueta ad una comunicazione sempre aperta fra gli Uffici del Vaticano, l’ambasciata di Israele presso la Santa Sede, il Gran Rabbinato di Israele, e dentro la dinamica dell’“International Catholic-Jewish Liaison Committee”, in cui il partner ufficiale ebraico “IJCIC” (the International Jewish Committee for Interreligious Consultations), raccoglie gli organi rappresentativi dell’ebraismo mondiale”.

E’ quello che sottolinea su Moked, il portale dell’ebraismo italiano, Giuseppe Laras, presidente emerito dell’Assemblea rabbinica italiana. “In questi anni ci sono stati momenti in cui mi sono trovato in forte dissenso nei confronti di Benedetto XVI come pure, in altre occasioni, ho avuto invece modo di fargli pervenire espressioni di apprezzamento per alcune decisioni e posizioni da lui assunte o in relazione a suoi interventi”. Un rapporto, dunque, all’insegna del dialogo con tutte le difficoltà che questo comporta, gli errori che si possono commettere e l’impegno a continuare sulla strada del pellegrinaggio verso la Verità come Benedetto XVI ha spesso definito l’impegno al dialogo.

Resta, un senso di profonda stima, come espresso ancora da rav Laras. “In questo delicatissimo momento sento il bisogno di esternare al papa la mia stima nei confronti della sua persona e del suo magistero, come pure la mia personale vicinanza, formulandogli i migliori e più fervidi auguri per il futuro”.

Una testimonianza particolarmente preziosa mi è parsa quella pubblicata il 12 febbraio da The Times of Israel. Il rabbino Ron Kronish, da anni impegnato in un lavoro delicato e spesso nascosto di soluzione di conflitti a Gerusalemme, fra ebrei e palestinesi ricorda che “al termine della sua prima giornata a Gerusalemme l’11 maggio 2009, Benedetto XVI, ha voluto offrire un segno di apprezzamento e riconoscimento a tutte quelle organizzazioni che in Israele sono impegnate nel dialogo interreligioso ed interculturale per la pace. Ho avuto l’onore di partecipare a quel momento e al ricevimento nel corso del quale il papa ha riconosciuto il nostro lavoro, incoraggiando tutti coloro che sono coinvolti in questo campo a continuare e diffondere il loro impegno". Notando che, spesso, queste organizzazioni lavorano senza far rumore con scarsi riconoscimenti pubblici, Kronish ha profondamente apprezzato che il leader della Chiesa cattolica “abbia dedicato un’udienza apposita ad incontrare questi operatori, nel corso della sua unica giornata trascorsa a Gerusalemme. Dimostra il fatto dell’importanza che il papa assegnava all’impegno di queste persone e gruppi, al loro messaggio di pace e metodo di dialogo”.

Kronish invita ora a guardare al futuro. “Coloro che ricordano il suo pellegrinaggio in Israele come un’altra importante pietra miliare nel rinsaldare i rapporti fra la Santa Sede, il popolo ebraico e lo Stato di Israele, sono ora chiamati a continuare a rispondere positivamente al messaggio di pace del papa e al forte invito al dialogo fra i popoli e le religioni per promuovere una vita di pace in questa terra”.

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