I nuovi anni ruggenti dove aumentano super ricchi e povertà
Come avviene ogni anno in contemporanea con l’incontro esclusivo del World Economic Forum sulle montagne svizzere di Davos, Oxfam rende noti dati e analisi che certificano l’aumento delle diseguaglianze nel mondo e in Italia.
Nel nostro Paese, «a fine 2022, l’1% più ricco, sotto il profilo patrimoniale, deteneva una ricchezza 84 volte superiore a quella del 20% più povero della popolazione».
Sono dati evidenti che già qualche mese addietro sono stati denunciati dal direttore della Caritas Ambrosiana Luciano Gualzetti, durante un incontro pubblico presso la Camera di commercio della città: «Il 2023 è stato caratterizzato da un processo di impoverimento che ha colpito i soliti, cioè le persone che noi già incontravamo prima, ma anche il cosiddetto ceto medio. A noi si sono rivolte anche molte persone che il lavoro l’avevano, quindi c’è il tema dei lavoratori poveri, di un lavoro senza diritti, senza tutele».
Oxfam riconosce l’esisteza di alcuni segnali positivi nel 2023, come il tasso di occupazione record al 61,3%, ma dietro questi numeri invita a tener conto delle questioni di carattere strutturale che restano irrisolte: «la perdurante stagnazione salariale e la contenuta produttività del lavoro, la bassa qualità lavorativa di giovani e donne e il diffuso ricorso a forme di lavoro atipico che determina marcate disuguaglianze retributive e amplia le fila dei lavoratori poveri» (ben 1 lavoratore su 8).
Un caso concreto? Restando sul caso meneghino, Gualzetti osserva che «una famiglia monoreddito da 1.600 euro al mese non può più vivere a Milano perché non riesce a pagarsi nemmeno la casa, le bollette, il cibo. Figuriamoci quelli che il lavoro ha espulso o che arrivano da Paesi lontani alla ricerca di una nuova vita, di un’altra opportunità».
Siamo davanti alla trappola della povertà che «non offre possibilità di uscita, non permette ai ragazzi per esempio di proseguire gli studi e quindi crescere. Noi oggi ci occupiamo di famiglie numerose, di famiglie monoreddito e di giovani».
Secondo l’analisi di Oxfam la dinamica è «destinata ad aggravarsi in virtù del rallentamento dell’economia nazionale nel 2023, della riduzione delle misure compensative contro il caro-vita e della portata degli strumenti che hanno sostituito il reddito di cittadinanza (RDC)».
Sono, quindi, ancora da attendersi gli effetti complessivi delle misure di inclusione lavorativa e sociale previste dal Governo Meloni in base alle quali «non basterà più essere indigenti per ottenere un supporto continuativo al reddito». Si stima, infatti, che, rispetto al bacino dei potenziali beneficiari del RDC, almeno mezzo milione di famiglie non avranno accesso alle «nuove misure approntate dal governo», con conseguente aumento della povertà ed esclusione sociale.
Un caso particolare, fa notare Giustino Trincia, direttore della Caritas di Roma, riguarda i “senza tetto e senza fissa dimora”, che secondo l’Istat sono stati nel 2022 ben 96 mila persone in Italia, di cui 23.420 nell’area metropolitana della Capitale.
«Sempre più spesso – osserva Trincia – i motivi che portano alla condizione di senza dimora non sono riconducibili ad eventi eccezionali o a storie di particolare emarginazione. Al contrario, si tratta di avvenimenti che possono toccare molti: uno sfratto in una città in cui ve ne sono 18 ogni giorno, una tensione familiare che non si risolve, la perdita del lavoro, una malattia possono trasformare, laddove manca il sostegno necessario, persone che fino a quel momento conducevano una vita “normale” in persone sprovviste di tutto. Per questo si possono incontrare famiglie che hanno lasciato la casa in affitto per morosità “incolpevole”, adulti che dopo una separazione coniugale perdono ogni punto di riferimento, oppure giovani che hanno perso il lavoro».
Davanti a tale tragedia si riscontra – afferma il direttore della Caritas romana – «l’assenza di politiche che sappiano mettere al centro i differenti bisogni delle persone in povertà estrema, prevedendo, oltre interventi per l’alloggio, anche azioni in ambito lavorativo, formativo, di riqualificazione professionale, di tutoraggio nella relazione con le istituzioni, di mediazione territoriale e di educativa di strada».
Insomma una carenza di intervento che appare particolarmente scandalosa alle porte del Giubileo del 2025 e che si accompagna ad uno scenario globale descritto da Gabriela Bucher, direttrice esecutiva di Oxfam International, come i nuovi “ruggenti anni 20” dove «i super-ricchi hanno superato ogni record nei primi due anni della pandemia», tanto che «nel 2022 la ricchezza dei miliardari nei settori energetico e agro-alimentare è aumentata in concomitanza con la rapida crescita dei profitti delle imprese che controllano: 95 aziende, tra i big dell’energia e le multinazionali del cibo, hanno più che raddoppiato i propri profitti rispetto alla media del quadriennio 2018-2021, versando 257 miliardi di dollari (l’84% degli extraprofitti realizzati) a ricchi azionisti».
Che fare davanti a tanta iniquità? La ricetta appare facile mettendo in fila le proposte di Oxfam e fatte proprie da un’istanza comune dei cittadini europei: necessità di riconoscere un reddito di base a tutti, abolire i contratti di lavoro precari e decretare un’imposta progressiva sui grandi patrimoni. Di fatto, non esiste un consenso politico maggioritario che vada in questa direzione o almeno tali istanze non riescono a diventare argomento di dibattito pubblico.
Una questione che pome molti interrogativi e merita ulteriori approfondimenti.