I numeri di Checco, specchio dell’Italia?
Premesso: non sempre i numeri delle vendite in libreria attestano la bontà d’un libro, non sempre gli incassi di botteghino sanciscono la grandezza di un film (ma, diciamola tutta, molto spesso non lo fanno neppure il parere dei critici o i verdetti dei concorsi).
La bontà di un’opera è interiore: consiste nel fatto che l’autore è stato sincero (cosa difficilissima, che rasenta la santità), che ha usato al massimo le sue abilità, e che ha detto quello che sentiva di dover dire; e la bontà di un’opera è esteriore: consiste nel fatto che l’autore “buca” l’altro, che in qualche modo lo tocca, gli fa sussultare il cuore, riesce ad emozionarlo, se possibile, a suscitare le sue energie migliori. Però quando i numeri s’impongono prepotentemente all’attenzione pubblica, è bene per lo meno considerarli.
Ora abbiamo il fenomeno Checco Zalone. Le cifre in euro parlano da sé: il suo recente film, Sole a catinelle, ha stabilito il record in Italia per un film italiano: 43.795.442 € di incassi, imponendosi sull’altro film di Checco, Che bella giornata, che aveva raggiunto quota 43.474.047 € (segue La vita è bella, di Benigni con 31 milioni di euro; mentre davanti a Checco ci sono solo film stranieri tipo Avatar e Titanic).
Vi racconto la mia storia con Checco… Non sapevo neppure chi fosse (guardo raramente la TV): vado al cinema per vedere un tale film, sbaglio orario, il film è fra un’ora, c’è nella sala accanto il film Cado dalle nubi di Zalone, per me un perfetto sconosciuto, mai sentito nulla del film, m’infilo … ed esco innamorato di Checco! (dopo aver fatto un sacco di risate). Ho visto quel film poi diverse volte (un’avvertenza: i film di Zalone non vanno visti a casa in video… vanno visti al cinema, con la compagnia giusta, sono film che vanno visti con il pubblico che respira e ride con l’andazzo delle scene, come le partite hanno bisogno dello stadio).
Eh sì, ho quest’abitudine: se un film mi piace lo guardo e lo riguardo. I film di Chaplin li ho visti centinaia di volte, mi piace anticipare ogni mossa, ogni gesto, e godo nel farmi sorprendere ogni volta da essi. Ma, tralasciando i miei gusti, credo che il successo di Checco si possa riassumere in questo: Checco parla italiano. Fa da grancassa a quello che pulsa nel cuore della gente, che non ne può più dell’ipocrisia del politically correct. Checco dice quello che tanti vorrebbero dire e che certe volte non osano dire, trascina dalla parte opposta a quella che è la presentabilità sociale: ma con un certa casareccia purezza, e con l’intento d’essere sincero, per far scoppiare in una risata liberatoria.
Perché, dettaglio da non sottovalutare, i film di Checco fanno ridere. Checco non fa satira politica, (non se ne può più!), alle mode e ai clichè della cultura oppone la sua fierezza burina, ma autentica. E lancia un messaggio positivo, proprio mentre si è subissati da messaggi negativi. Affronta senza remore temi scottanti: l’omosessualità nel primo film, l’estremismo islamico nel secondo, la crisi ora. E riesce a essere leggero.
Forse è guardando Checco che si capisce un po’ più dell’Italia, che viene spesso analizzata da sapienti arroccati nelle loro fortezze ideologiche, ma che raramente incontrano la gente dov’è. Ovviamente, non tutta l’Italia si specchia in Checco. Ovviamente, non a tutti piacciono i film di Checco. Ma anche su questo… amo sempre ricordare la benedizione rabbinica: «Grazie Altissimo che hai fatto il mondo vario». E così, non permetti che ci annoiamo.