I numeri dell’immigrazione: meno irregolari e italiani in fuga
La fotografia scattata dal dossier statistico sull’immigrazione Unar-Idos sulla presenza straniera in Italia e nel contesto europeo nasce da studi e da ricerche scientifiche che ben poco hanno a che fare con gli allarmismi esasperati che parlano di “invasione”, “clandestinità”, “illegalità”. I numeri non danno ragione né a chi ne fa vessilli politici, né a chi li usa come sciabole mediatiche. Gli stranieri in Italia nel 2013 sono 5,3 milioni, circa, provenienti da 196 paesi, la stessa popolazione della Campania. A fronte di una richiesta di permessi di soggiorno in crescita dovuta alle nascite e ai ricongiungimenti familiari, ben 574 mila sono quelli non rinnovati, negli ultimi tre anni, a causa della perdita di lavoro che colpisce i non italiani in maniera consistente.
Gli italiani invece sono tornati ad essere emigranti: 82mila hanno lasciato il nostro Paese essenzialmente per lavoro. Mete predilette la Germania e poi il Regno Unito, dove negli ultimi mesi “una nota politica sottolineava l’eccessiva presenza” dei nostri compatrioti, ha specificato Antonio Ricci del Centro studi e ricerche Idos, che ha curato la realizzazione del dossier.
Spulciando ancora tra le nazionalità di provenienza si scopre che è l’Albania, uno dei paesi di maggiore emigrazione europea, seguito da ucraini e rumeni: quindi il fenomeno migratorio non è solamente africano, anche se gli sbarchi, emblema di fughe drammatiche e disperate continuano ad essere considerati nell’immaginario collettivo, la causa di presenza straniera nel Belpaese.
A fronte di 127mila salvataggi, ad agosto 2014, che già oggi sono 151mila precisa il sottosegretario al ministero dell’interno, Domenico Manzione, i richiedenti asilo sono 26.620 mentre alla Germania ne vengono rivolte ben 127mila. La vera sorpresa di questo corposo volume sono poi i numeri degli irregolari, in calo sensibile: circa 30mila, di cui quasi ottomila già intercettate alla frontiera e 8.700 rimpatriate.
Altro capitolo sono le spese destinate al controllo delle frontiere: 4miliardi di euro, una disparità enorme rispetto invece alla cifre destinate all’accoglienza, appena 700 milioni. I 30 euro al giorno a persona destinati alla gestione dei Cie, hanno acuito la già problematica permanenza degli stranieri in questi centri di identificazione ed espulsione che di fatto sono diventati luoghi di detenzione, che hanno meritato giudizi negativi sul rispetto dei diritti umani sia da organizzazioni internazionali che anche dalla Commissione del senato deputata al loro controllo. Dei 420 Cie istituiti in Europa, l’Italia ne ospita appena 10 in cui i migranti vengono trattenuti per 18 mesi: la Camera, proprio in questi giorni sta discutendo sulla riduzione del soggiorno a due mesi, potenziando gli operatori che si occupano di identificare i nuovi arrivati.
Il dossier punta il dito anche su temi scomodi per gli italiani: il contributo al nostro sistema pensionistico dato dalla popolazione immigrata e cioè 8,9 miliardi di euro. La giovane età di questi migranti li rende contribuenti attivi, ma fruitori marginali. Perché questi numeri? Il senso lo ha spiegato l’ideatore e curatore del dossier, Franco Pittau “servono a capire, a conoscere, ad intaccare pregiudizio. Servono per passare dalla discriminazione al diritto”.