I nonni e il futuro
Non poteva mancare, in un libro che parla dei nonni, la dimensione del futuro, della speranza, in quanto, nonostante la vita dei nonni si avvicini al tramonto, la saggezza e le parole che vengono espresse in questo periodo possono essere foriere di un futuro migliore.
Quanto siamo stolti a non comprendere come gli anziani rappresentino una ricchezza unica e inequivocabile per il benessere della società! Sarebbe opportuno che qualcuno si pronunciasse in modo esplicito sull’importanza della loro presenza in moltissime attività.
La vita vissuta è stata loro maestra e consigliera nel comprendere le verità più importanti ed essenziali del vivere in questo mondo. Essere nonni e anziani significa entrare in un deserto, alla scoperta dell’essenziale che già alberga nel cuore, per trasmettere il vero senso dell’esistere.
Il deserto, per sua natura, è spoglio, essenziale, puro, e, al contempo, faticoso, arido, senza tempo. Gli anziani, entrando nel deserto, sono in grado di testimoniare le cose vere, tralasciando i fronzoli delle sciocchezze e delle frivolezze emotive di una società che rischia di smarrirsi e di inseguire soddisfazioni immediate e vuote.
Nel deserto gli anziani scoprono le cose vere vissute, vengono illuminati nei loro momenti più veri trascorsi nei rapporti significativi, con una forza unica e vitale che li incoraggia a testimoniare ad altri la verità della vita. Nessuno meglio degli anziani e dei nonni può gettare luce verso il futuro perché conoscono l’essenziale delle cose e della vita.
Guido Petter – famoso psicologo italiano, autore di volumi di racconti per bambini – distingue due tipi di vecchiaia: la vecchiaia grigia e la vecchiaia verde.
Con la prima definizione Petter si riferisce a un’età caratterizzata da solitudine, perdita di interesse, disimpegno sociale e un senso sostanziale di inutilità. Con la seconda, al contrario, si riferisce a un individuo che si mantiene attivo e curioso, coltiva interessi, resta impegnato e aperto alle novità.
Da ciò si evince quanto sia importante vivere fino in fondo la vecchiaia verde, per fare dono della saggezza acquisita, del bene meditato, delle verità conquistate. Solo così si possono trasmettere alle generazioni i valori imparati dalla vita, valori che possono essere il cemento del futuro e le luci del cammino.
Sono innumerevoli gli ambiti in cui i nonni possono esercitare la loro “vecchiaia verde” al servizio del territorio o della comunità. È importante recuperare il terreno perduto e ridare ai nonni il ruolo che loro compete: essere memoria che innerva la società e la fa crescere verso il futuro.
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Ma cosa c’entra la vecchiaia verde con la morte donata? C’entra, c’entra. Eccome! Forse perché l’atto estremo, il più “verde” che ci sia, è quello di testimoniare comunque una morte per la vita, che si consuma per amore.
La “soglia della morte”, che tutti prima o poi dovremo attraversare, può essere, pur nel suo mistero, l’ultimo atto di affidamento testimoniato. È un atto fecondo e pieno di vita, che attira nel mistero dell’amore e della grandezza della vita e dei legami.
Uno scritto incompiuto di Paul Ricoeur, pubblicato postumo, si intitola Vivi fino alla morte e delinea bene la libertà della consegna della vita che, pur nella drammaticità, è possibile. Morire infatti è umano e Gesù ha dato voce al senso umano quando si è consegnato al Padre e, gridando l’abbandono, è penetrato nel nostro cuore di creature umane, attirandoci.
È quello che capita spesso quando il nonno muore. È inerme, spesso senza forze, o talvolta ancora troppo giovane per morire, ma non fa nulla: quello che conta è come si dona, come vive e soprattutto lo sguardo della tenerezza che talvolta traspare.
Certo, morire in questo modo non è semplice, però è possibile. È questo l’ultimo atto d’amore che il nonno può lasciare, a ricordo di un legame che non si spezza perché lo si ritrova nel cuore dei familiari viventi.
Ezio Aceti, Nonni oggi, se non ci fossero bisognerebbe inventarli (Città Nuova, 2013), pp. 92, € 8.00