I nazionalismi e i guardiani delle civiltà

A partire dal 2012 hanno cominciato ad apparire e a prendere posto i tasselli che hanno portato al nazionalismo e ai nazionalismi che governano il mondo attuale, generando fenomeni destinati a condurci a un nuovo ordine globale, ancora troppo difficile da prevedere oggi
Posters di leader politici a Brick Lane, nella zona est di Londra, Gran Bretagna, 19 marzo 2025. Brick Lane attrae artisti internazionali per la creazione di street art e graffiti per esprimere opinioni sull'attualità. Ansa EPA/TOLGA AKMEN

Gli accadimenti che hanno caratterizzato la scena internazionale nelle ultime settimane continuano a complicare il panorama di quanto sta succedendo a livello mondiale. È sempre più difficile riuscire a decifrare quale sia la direzione che il mondo sta prendendo in quanto ad equilibri politici, ma anche socio-economici. Senza dubbio, il ritorno sulla scena mondiale di Donald Trump ha accelerato processi che, tuttavia, erano già in corso ma che non tutti riuscivamo a leggere.

È indubbio che, come affermano diversi studi apparsi sulla prestigiosa rivista americana Foreign Affairs, ci troviamo nell’epoca dei nazionalismi che, tuttavia, non è legata solamente a Trump o al suo ritorno dopo la prima presidenza e l’apparente intervallo rappresentato da Biden. Il fenomeno è di carattere globale e ha preso forma progressivamente, dopo la grande crisi economica del 2008-2009. Dopo due decenni di prospettive globalizzanti legate alla caduta del Muro di Berlino e alla conseguente fine della Guerra Fredda, a partire dal 2012 hanno cominciato ad apparire e a prendere posto i tasselli che hanno portato al nazionalismo, o meglio, ai nazionalismi che governano il mondo attuale generando fenomeni destinati a condurci a un nuovo ordine globale, ancora troppo difficile da prevedere oggi.

Con l’inizio del secondo decennio del terzo millennio, infatti, Putin è ritornato – dopo i 4 anni da primo ministro – come autorità suprema e incontrastata. Si è trattato di un passo deciso verso la realizzazione del suo piano di ricostruzione della Grande Russia, dopo lo shock del crollo dell’Unione Sovietica. Putin ha perseguito la sua politica sistematicamente, annullando e schiacciando qualsiasi opposizione e ricominciando la “riconquista” dei territori perduti. Il processo è proseguito e ha portato alla guerra con l’Ucraina. Contemporaneamente – o quasi – un altro gigante, la Cina, ha trovato una nuova leadership. Xi Jinping, arrivato al potere – tutt’altro che consolidato nei primi anni – ha lanciato una sorta di nuova rivoluzione culturale interna, ritornando al confucianesimo come cultura morale e, soprattutto, come via per liberarsi di avversari politici, accusandoli di corruzione a diversi livelli. Allo stesso tempo, il Dragone ha cominciato ad espandere una politica di cinesizzazione interna e di conquista economica di varie parti del globo: l’Africa, prima, e successivamente meso e sud America. Contemporaneamente, l’altro grande gigante asiatico, che nel frattempo ha superato la Cina come numero di abitanti, ha trovato in Narendra Modi, l’uomo che, oltre ad arrivare al top della vita politica dell’India, è riuscito a trasformarla da Paese laico – capace di assicurare libertà e pari riconoscimento a tutte le comunità socio-religiose – in una nazione con una ideologia dominante: l’hindutva (l’India nazione degli indù). Altro fenomeno pressoché contemporaneo è stato quello dell’autocrazia turca imposta da Recep Tayyip Ergogan, che dopo 10 anni di governo ad Ankara come primo ministro, è riuscito a diventare presidente e ad impostare una politica da “sultano”, oltre che a tentare di accreditarsi come terzo polo dell’Islam politico a livello mondiale, a fronte di Arabia Saudita e Iran.

Tuttavia, il fenomeno si è diffuso anche in altre parti del mondo. In Europa, per esempio, Viktor Orban rappresenta l’emblema di un nazionalismo consolidato, ma non è l’unico. Molti Paesi, infatti, hanno visto partiti di carattere nazionalista crescere in maniera sorprendente e quasi imprevedibile, arrivando al governo (Italia fra tutti) o fallendo di poco l’obiettivo (Austria, Francia, Olanda e anche Germania). Non dimentichiamo, poi, l’era Bolsonaro in Brasile, che ha seguito la prima presidenza Trump e copiato la sua conclusione con un assalto al Parlamento. Duterte nelle Filippine ha imposto una presidenza dello stesso tipo, conclusasi ora con il suo trasferimento all’Aja in un processo per crimini perpetrati in quegli anni. La stessa presidenza Biden negli Usa appare sempre più come una parentesi all’interno del nazionalismo trumpiano. Un nazionalismo dal quale il tycoon non si è scostato in maniera significativa né a livello economico né a livello di gestione dei flussi migratori, solo per fare due esempi.

Il fenomeno appare, ad alcuni osservatori, non solo come una nuova realtà geopolitica o economica, ma anche come una inattesa ripresa o messa in atto di quello “scontro di civiltà” di cui Samuel Huntington aveva parlato negli anni ’90, e che molti avevano visto realizzarsi nella tensione, spesso violenta, fra Islam (o una certa lettura di questa religione) e il mondo occidentale. L’apice del fenomeno sembrava essere stato il decennio fra l’attacco alle Torri Gemelle – dell’11 settembre 2001 – e gli attentati di diverso tipo realizzati da sedicenti gruppi islamici in Europa (Spagna, Francia, Belgio, Olanda, Inghilterra, Germania). Oggi a questo “scontro” si sostituisce quello fra “civiltà- nazioni”. Putin reclama la nozione di Russia come Stato-civiltà, categoria impiegata per giustificare il controllo della Bielorussia e l’invasione per “denazificare” l’Ucraina. Modi con l’hindutva afferma che la sua democrazia è la linfa vitale della civiltà indiana. Erdogan parla della “nostra civiltà” come civiltà di conquista. E Xi JinPing ha definito quella cinese come «l’unica grande e ininterrotta [civiltà] capace di arrivare fino ai giorni nostri». Trump stesso è stato definito come “la guardia del corpo della civiltà occidentale”, e Orban non ha mai fatto mistero della sua “vocazione” a difendere la civiltà cristiana da contaminazioni esterne.

Nella direzione di quanto rilevato, stiamo assistendo ad ulteriori sviluppi – che sono già in atto, e spesso con effetti molto dolorosi – che stanno ridisegnando l’ordine del mondo, dove sono venute meno alleanze tradizionali (Stati Uniti-Europa, per esempio) e se ne stanno creando di nuove con finalità miste: mettere fine ai conflitti attuali, difendersi dalle ondate migratorie, ma anche arginare lo strapotere economico di Paesi ormai affermati (Cina e India).

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