I movimenti popolari con Francesco a Verona

Le premesse per un incontro fuori dagli schemi il 18 maggio a Verona tra scenari di guerra sempre più inquietanti e a pochi giorni dalle elezioni europee
Marcia Pace Archivio ANSA/MATTEO CROCCHIONI

Perché a Verona? Apparentemente sembra che tutto trascorra senza novità. Il programma estivo dell’Arena è fitto di spettacoli di ogni tipo dove si prevedono migliaia di spettatori paganti. L’enorme costruzione del primo secolo d.C. dimostra la maestria degli antichi romani, artefici di un impero destinato ad espandersi e durare per secoli. Oggi altri imperi si contendono il dominio geopolitico del globo e la città veneta non è molto distante dall’incendio appiccato in Ucraina in un conflitto che si trascina da decenni fino al culmine dell’invasione russa del febbraio 2022.

Anche se si svolgono in tono minore, come sempre accade con le elezioni europee, le urne che si apriranno dal 6 al 9 giugno nei Paesi Ue saranno decisive nel porre le basi di un economia di guerra necessitata dagli eventi, come esplicitato con convinzione dagli attuali vertici della Ue.

Solo chi vuole ignorarlo, può dire di non sapere che le tante basi militari dislocate nel territorio italiano sono già parte attiva di uno scontro in atto che coinvolge in maniera tragica anche la Terra Santa, con l’esercito israeliano pronto ad intervenire nell’area di Rafah, nella Striscia di Gaza, dove si ammassa oltre un milione di civili palestinesi. Nulla, neanche la pressione degli Usa, sembra in grado di fermare la reazione estrema scattata dopo l’eccidio in Israele perpetrato da Hamas il 7 ottobre 2023.

“Pietà l’è morta” come recita il canto degli alpini che sono di casa a Verona, città ricca come in prevalenza lo è l’intera area del lombardo veneto, tra le più benestanti in Europa. È qui che si tengono le grandi fiere industriali e commerciali, comprese quelle delle armi da tiro e da caccia, espressione di un tessuto imprenditoriale diffuso come testimonia anche l’impianto del Festival di Dottrina sociale cristiana promosso ogni anno in una città che, come tutto il Veneto, in prevalenza, è stata governata da una Dc pragmatica, strettamente legata anche al mondo agricolo della Coldiretti. L’assetto strutturale è rimasto inalterato anche con la prevalenza successiva della Lega, ora di FdI e di Berlusconi, immortalato dall’accoglienza cordiale riservata al leader di Forza Italia nello stadio Bentegodi durante il convegno ecclesiale nazionale del 2006.

Verona e il Veneto hanno offerto anche generazione interi di missionari e volontari capace di andare in mezzo modo schierandosi con gli ultimi come ha fatto il giovane religioso comboniano Ezechiele Ramin, colpito a morte in Brasile nel 1985 da fazenderos decisi a punirlo per la sua scelta di difendere i diritti dei contadini.

Il Veneto è il luogo dove sono emersi grandi conflitti ambientali che hanno dimostrato il volto letale di uno sviluppo disumano, dall’inquinamento del petrolchimico di Marghera al caso recente della presenza di inquinanti definiti “eterni”, Pfas, nelle falde acquifere sottostanti le aree di Vicenza, Verona e Padova.

Sempre dal Veneto proviene l’esperienza dei Beati i costruttori di pace che organizzarono con don Tonino Bello, la marcia di interposizione di 500 volontari che, nel 1992, riuscirono ad arrivare nella Sarajevo assediata dai serbi. Ed in questa regione ricca di soldi, con istituti bancari trascinati in fallimenti colossali, piena zeppa di banche “cattoliche”, nate con l’iniziale intento mutualistico, è nata nel 1999, da una sottoscrizione popolare, l’anomala banca che ha la pretesa di definirsi “etica”.

A Marghera, su iniziativa di Carlo Giacomini e Bernardino Mason, è partito da febbraio 2024, davanti alla tragedia in corso in Terra Santa, un digiuno a staffetta che ha coinvolto gruppi in tutta Italia e mosso al coinvolgimento anche alcuni consigli comunali.

Verona è, tra l’altro, la sede del Movimento nonviolento promosso da un personaggio originale come Aldo Capitini, di spirito francescano ma dichiaratamente non cristiano.

È da queste realtà così composite, e inizialmente dal movimento “Beati i costruttori di pace” che è nata l’idea di convocare nell’anfiteatro romano, a partire dal 4 ottobre 1996, una serie di assemblee dei movimenti e associazioni che si sono interrotte nel 1993 per poi riprendere nel 2013 fino all’edizione del 25aprile del 2014 intitolata «La resistenza oggi si chiama non violenza, la liberazione oggi si chiama disarmo».

Una serie di eventi iniziati prima del crollo del blocco sovietico e segnati, man mano, da appelli inascoltati in un mondo dove la crescita degli armamenti si è associata alla consapevolezza espressa da papa Francesco di trovarsi sull’abisso di una guerra mondiale a pezzi.

Ci si può quindi chiedere a cosa serva convocare una nuova arena di pace nel 2024 con il rischio di farne un contenitore innocuo di buone intenzioni, condito dalle regole dello spettacolo che si associa ai grandi eventi, destinato ad infrangersi con la volontà politica prevalente che manifesta, come afferma il padre comboniano Alex Zanotelli, la vittoria senza condizioni del “complesso militar industriale”.

Una consapevolezza che ha ribadito recentemente durante l’affollata conferenza stampa svoltasi a Roma, presso la sede nazionale di Libera per ribadire l’opposizione di 25 realtà nazionali allo svuotamento della legge 185/90 che pone regole di trasparenza e alcuni limiti all’esportazione di armi ai Paesi in guerra.

Zanotelli sa che tutte queste forme di dissenso democratico non riescono ad incidere davvero ma che occorre una vera opposizione popolare capace di compiere atti di disobbedienza civile seguendo l’esempio del padre gesuita Daniel J.Berrigan che si fece arrestare più volte, negli Usa, durante gli anni della contestazione della guerra in Vietnam, o attualmente le azioni dei giovani che occupano le università per chiedere lo stop ai bombardamenti sulla popolazione di Gaza.

D’altra parte l’idea di convocare l’Arena di pace è partita da una proposta avanzata proprio da padre Zanotelli che non l’ha immaginata come uno dei tanti convegni sulla pace.

Nel frattempo tanti referenti di gruppi vari, anche esplicitamente non ecclesiali, si sono collegati periodicamente sul web per elaborare una serie di proposte che spaziano su diversi tematiche: migrazioni, ambiente, pace e disarmo, democrazia e diritti, lavoro, economia e finanza.

I documenti pubblicati sul sito di Arena di pace portano il segno di una difficile opera di sintesi richiesta ai facilitatori dei diversi tavoli, ma resta da capire quale sia l’esito di una procedura così complessa in una manifestazione che papa Francesco, invitato dal vescovo di Verona, Domenico Pompili, ha voluto estendere come raduno dei movimenti popolari in Italia in continuità con gli incontri promossi a livello mondiale dal 2014 con il motto riassuntivo “terra casa lavoro”.

A questi incontri hanno partecipato esponenti di movimenti in prima linea in tema di giustizia sociale e conversione ecologica come ad esempio l’honduregna Berta Caceres, cofondatrice del Consiglio delle organizzazioni popolari ed indigene dell’Honduras assassinata nel marzo 2016 per essersi opposta a interessi speculativi. Un punto fermo è la presenza di Pedro Stedile dei Sem Terra brasiliani, i cartoneros argentini, ecc.

Si può immaginare, quindi, la difficoltà, per gli organizzatori dell’Arena di pace, nell’ individuare le caratteristiche di tali movimenti in Italia. Di sicuro il contrario della selezione su base elitaria ma comprovata dalla effettiva esposizione su questioni reali.

Alla presentazione ufficiale dell’incontro di Verona è intervenuto, così, Giuseppe De Marzo che esprime la Rete dei Numeri Pari, impegnata da alcuni anni ad unire «centinaia di realtà sociali diffuse in tutta Italia che condividono l’obiettivo di garantire diritti sociali e dignità a quei milioni di persone a cui sono stati negati (associazioni, cooperative, parrocchie, reti studentesche, comitati di quartiere, campagne, progetti di mutualismo sociale, spazi liberati, reti, fattorie sociali e singole persone)».

Chi scrive ha partecipato ad uno dei precedenti incontri dei movimenti popolari accanto ai senza casa, noti a Roma per aver ricevuto il sostegno del cardinal Konrad Krajewski che si è calato in un tombino a ripristinare una fornitura elettrica staccata per morosità.

Insomma Arena di Pace ha tutte le caratteristiche di un incontro che può uscire fuori dagli schemi consolidati, anche se si svolgerà in poche ore, prima della messa nel pomeriggio alla stadio Bentegodi, la mattina del 18 maggio seppur preceduto il giorno prima, venerdì 17 maggio, da un confronto aperto tra i componenti di tutti i tavoli di lavoro.

È chiaro, infine, che la manifestazione porta il segno della congiuntura storica particolare della presenza del vescovo Domenico Pompili, arrivato a Verona nel 2022 dopo aver accompagnato la popolazione colpita dal terremoto in provincia di Rieti, e del sindaco Damiano Tommasi, noto giocatore di calcio della Roma e della Nazionale, eletto nello stesso anno 2022, che proviene da un percorso di impegno sociale e politico maturato fin da giovane come obiettore di coscienza e volontario di servizio civile.

«Continuate a lottare» ha detto, in piena pandemia, nel 2020 papa Francesco ai movimenti popolari. «Spero che questo momento di pericolo ci faccia riprendere il controllo della nostra vita, scuota le nostre coscienze addormentate e produca una conversione umana ed ecologica che ponga fine all’idolatria del denaro e metta al centro la dignità e la vita». «Voi siete i costruttori indispensabili di questo cambiamento ormai improrogabile – ha insistito il papa-  ma soprattutto voi disponete di una voce autorevole per testimoniare che questo è possibile».

Una bella responsabilità.

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