I militari forzano la mano

Prima del ballottaggio delle elezioni presidenziali di questo weekend l’esercito fa capire che “deve” essere eletto il loro candidato Shafik
egitto elezioni

Oggi è venerdì, giorno di festa per i musulmani. Al Cairo la temperatura è soffocante, si dovrebbero raggiungere i 38 gradi. La popolazione è calma. E agli egiziani serve sempre un certo lasso di tempo per reagire. Forse stasera a piazza Tahrir i giovani rivoluzionari scenderanno in piazza: sono i più arrabbiati per le decisioni prese dai militari nella giornata di ieri, e vorranno farlo sentire. Tanti di loro hanno già deciso di non votare.
 
In effetti, solo ieri, i giudici del Tribunale della Costituzione (la Corte costituzionale egiziana), appena due giorni prima del ballottaggio delle presidenziali, hanno sciolta la Schura, l’Assemblea del popolo (che non è il Parlamento eletto negli ultimi mesi, che ha visto il trionfo dei Fartelli musulmani e dei salafiti). Spiegando la sentenza, il presidente della Corte, Faruk Soltan, ha detto che le prime elezioni libere della primavera non erano valide in tutte le parti del Paese e non avevano rispettato la legge (ancora di epoca nasseriana), che prevedeva per questa seconda Camera una “rappresentatività totale” del Paese: nei fatti ci devono essere rappresentanti di tutto il Paese, al di là della loro consistenza numerica, ad esempio anche i fellahin, i contadini. E invece le forze politiche islamiche hanno ottenuto una stragrande maggioranza che di fatto ha reso impossibile a certi gruppi minori di essere rappresentati alla Shura. Così, attraverso nuove elezioni, potranno entrare a farvi parte anche il blocco “liberale” che raggruppa varie tendenze ed espressioni politiche, oltre ai contadini. Fino alle nuove elezioni sarà lo Scav (Supreme Council of the Armed Forces, cioè il Consiglio superiore delle forze armate) che si occuperà dell’aspetto legislativo rimasto da ieri vacante.
 
Le nostre fonti in Egitto riportano l’opinione di non pochi osservatori che parlano di un golpe dei generali. Ma la manovra in qualche modo era stata annunciata già dall’entrata di Shafik al ballottaggio per le presidenziali. Tanti si aspettavano un irrigidimento delle posizioni militari. Due settimane fa, quasi per dare il classico zuccherino alla popolazione, era stata revocata la legge di emergenza (poter arrestare le persone senza un ordine del giudice e imprigionarla; divieto di radunarsi senza autorizzazione…), ma ieri è stata ripristinata in modo più severo ancora che in precedenza (qualsiasi ufficiale, anche della polizia militare, ha il poter di fare arrestare qualcuno).
 
In questa logica pro-militari, infine, è arrivata la “grande notizia”: la Corte costituzionale ha annullato la legge elettorale che vietava ai membri di governi dei precedenti dieci anni di concorrere alle presidenziali. Così Ahmed Shafik può essere eletto. Ovvie le proteste di Hamdeen Sabaghi (terzo alle elezioni) e di Abou Fotouh (quarto), mentre i Fratelli musulmani sembrano aver accettato la decisone, forse per non entrare in un conflitto totale con lo Scav, o forse anche per un accordo tacito con l’esercito. Sembra quindi probabile che l’ex-premier Ahmed Shafik ce la faccia a superare nel ballottaggio Mohamed Morsi, esponente dei Fratelli musulmani.

Notizia positiva: ieri i comboniani hanno conferito il “Premio Cuore di Gesù”, riservato a singoli e gruppi che danno testimonianza di vita al servizio del bene comune, a Maurice Sameh, pastore della Chiesa evangelica che si trova dietro Piazza Tahrir, Kasr al-Dobarah. Nei giorni caldi della rivoluzione, la comunità evangelica si era distinta per aver creato un ambulatorio-ospedale per i feriti, per aver aperto una condotta d’acqua a favore della vicina moschea, oltre che per aver organizzato nello scorso Capodanno una marcia della pace cui avevano partecipato musulmani e cristiani assieme.

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