I media tra crisi e metamorfosi

Presentato ieri a Roma l'ottavo rapporto sul mondo della comunicazione in Italia. Una documentata ricerca a cura del Censis e dell'Ucsi che fotografa l'evoluzione dei consumi mediatici
Facebook

Spopolano i social network, in crescita la diffusione di tutti i mezzi di comunicazione, si rivela l’espansione dei media gratuiti e la battuta d’arresto di quelli a pagamento, anni neri per la carta stampata. Sono alcuni degli elementi dell’8° Rapporto del Censis/Ucsi, presentato ieri, sulla comunicazione dal titolo: “I media tra crisi e metamorfosi”. Nella cornice della preziosa Sala Zuccari del Palazzo Giustiniani di Roma, il presidente del Senato Renato Schifani ha esordito dicendo che «come scrisse Manzoni, non sempre ciò che viene dopo è progresso». E non sempre quello che va di moda è duraturo. È il caso dei social network che rappresentano oggi dei veri e propri fenomeni di massa. Facebook è conosciuto dal 61,6 per cento degli italiani, mentre YouTube è il più utilizzato: gli utenti sono, infatti, il 28, 3 per cento della popolazione. Tra gli iscritti a Facebook si constata che chi lo usa dedica meno tempo alla lettura di libri, a visitare altri siti internet, a guardare la tv, a studiare o lavorare. Il timore più diffuso è la violazione della privacy, la possibilità di conoscere persone pericolose e l’indebolimento delle relazioni dirette con i familiari e gli amici.

 

L’analisi delle motivazioni che hanno spinto gli utenti a iscriversi a Facebook, in particolare, mostra che tra le ragioni principali non figurano né il desiderio di mettersi in mostra, né la speranza di intrecciare una relazione intima. Tra le attività che gli utenti preferiscono svolgere su Facebook quando sono connessi, «guardare cosa c’é nelle bacheche degli amici» risulta la preferita (41,2 per cento). L’altra attività prediletta dal popolo di Facebook è inviare messaggi personali (40,5 per cento). Va sottolineato che il 54,6 per cento degli utenti fa parte di gruppi di interesse o ha sottoscritto citazioni apparse su Facebook, e che il 10 per cento ha effettivamente partecipato a eventi sociali, manifestazioni politiche, spettacoli di cui è venuto a conoscenza tramite il social network. E Giuseppe De Rita, presidente del Censis ha sottolineato come «dai dati si nota che non solo aumenta l’uso dei media con accesso gratuito, ma anche quelli che permettono un rapporto diretto con la singola persona». E questo è un cambiamento profondo non solo del mondo dei media, ma dell’intera società che desidera un accesso diretto senza mediazioni.

 

Gli anni della crisi, tra il 2007 e il 2009, hanno accelerato il processo di trasformazione già in atto, segnando la generale espansione dei media gratuiti e la sostanziale battuta d’arresto di quelli a pagamento, con l’eccezione della tv digitale. L’uso del cellulare resta pressoché stabile, passando dall’86,4 all’85 per cento della popolazione, ma con una riduzione drastica dei consumi sofisticati, magari mandando un sms invece di fare una telefonata ed evitando di connettersi a Internet ed ai costosissimi servizi wap. Il prezzo più alto lo paga la carta stampata con la crescita di quello che si può definire il “press divide”, ovvero l’abbandono dei giornali a favore dei mezzi digitali.

Negli ultimi due anni la lettura dei quotidiani a pagamento almeno una volta alla settimana passa dal 67 al 54,8 per cento, invertendo una tendenza leggermente positiva che si era registrata negli anni immediatamente precedenti al 2007. Se poi si guarda agli utenti abituali, ovvero quelli che il giornale lo prendono in mano almeno tre volte in sette giorni, si passa dal 51,1 per cento del 2007 al 34,5 per cento del 2009.

 

Per quanto riguarda i periodici lo scenario non migliora: nel 2009 li legge il 26,1 per cento degli italiani ( meno 14,2 per cento) e quella dei mensili il 18,6 per cento ( meno 8,1 per cento). Leggera discesa anche nella lettura dei libri (dal 59,4 del 2007 al 56,5 per cento del 2009). Anche per la rete la crescita è minima: dal 45,3 del 2007 si è passati al 47 per cento del 2009. Nel momento in cui la rete è diventata familiare all’80 per cento dei giovani e al 70 per cento dei soggetti più istruiti si va verso una dimensione di saturazione e il dato complessivo può aumentare solo con estrema lentezza. Tra i più istruiti 65 su 100 hanno un abbonamento alla tv a pagamento, dato che scende tra i meno istruiti (56 per cento) e i più anziani (il 56,7 per cento non ha abbonamenti di nessun tipo). A convincere a guardare questo tipo di tv è la libertà di scelta (43,6 per cento).

 

Insomma la dieta mediatica degli italiani ha subito notevoli cambiamenti e il numero delle persone che ha un rapporto esclusivo con i media audiovisivi è sostanzialmente stabile (dal 28,2 al 26,4 per cento), mentre diminuiscono in modo sostanziale quanti a radio e tv accompagnano la carta stampata (dal 42,8 al 24,9 per cento). Quindi diminuisce il “digital divide”, cioè coloro che non usano mezzi digitali mentre aumenta il “press divide”: nel 2006 era il 33,9 per cento degli italiani a non avere contatti con la stampa mentre nel 2009 si è arrivati al 39,3 (con un aumento del 5,4 per cento). Questa distanza aumenta in modo rilevante tra i giovani ( iù 10 per cento), gli uomini (più 9,9 per cento) e i soggetti più istruiti ( più 8,2 per cento) quelli cioè ritenuti il traino della modernizzazione del Paese

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