I magnifici 24

Sono le tele esposte a Roma per celebrare il Caravaggio. Una rassegna che fa giustizia degli stereotipi sul pittore.
Caravaggio

Di 64 opere certe, ben 39 sono a Roma. Naturale che la città che l’ha accolto ragazzo e gli ha dato fama lo festeggi con una rassegna diversa dal solito. Essenziale, in contrasto con le megamostre fitte di attribuzioni che mercanti d’arte – e critici compiacenti – propongono come autentiche. Questa volta, solo tele di sicura autografia, chiarisce l’ideatore Claudio Strinati. E allestite in una penombra che ricorda gli ambienti per cui sono state dipinte. C’è di più.

La rassegna ha il merito di far piazza pulita o almeno mettere in discussione i cliché sul pittore, vittima da decenni di un “maledettismo” artistico che ne offusca l’immagine più vera. Il primo: appunto Caravaggio “pittore maledetto” per via dell’omicidio in cui fu coinvolto e che lo rese fuggiasco. L’idea dell’artista libero e ribelle alla società è dall’Ottocento, soprattutto dopo Rimbaud, Baudelaire e compagni, che prende quota fino a diventare un cliché presso il grosso pubblico; complici romanzieri e autori cinematografici. Caravaggio non è certo un santo, ma un uomo del suo tempo, che usa la spada come i suoi gelosi colleghi – che lo hanno diffamato – Gentileschi e Baglione.

Secondo: il pittore è omosessuale, diventa una icona gay – si veda il film di Derek Jarman –; ma non esiste alcun documento che lo provi. Anzi, sembra che il duello col Tomassoni finito nel sangue sia stato per un motivo di donne, modelle o prostitute.

Terzo: Caravaggio miscredente, agnostico o ateo. Finalmente, gli studiosi (quasi tutti) si sono resi conto dell’abbaglio. Certo, un “cattivo cattolico” nella pratica di vita. Ma si potrebbe anche scrivere un Vangelo “secondo Caravaggio”, tanta è la profondità penetrante dei suoi numerosi quadri sacri di soggetto sacro. A contatto con i riformatori cattolici – i Borromeo, gli oratoriani e i cappuccini (per cui esegue opere) –, il pittore si rivela studioso attento della Bibbia. Il suo realismo, i fatti evangelici riportati all’oggi sono in linea con le disposizioni del Concilio di Trento e dell’ala riformatrice della curia romana (quella più conservatrice, gli preferirà Baglione, Reni, Domenichino, cioè i “classicisti”).

La rassegna riserva altre sorprese. Sfata l’idea del pittore che lavorava senza disegnare: lo prova lo splendido disegno scoperto sotto il Bacco degli Uffizi. Inoltre, sotto la Cena in Emmaus di Milano, si osserva una prima idea che riprende il Cenacolo di Leonardo, con una finestra aperta sulla natura. Il che dimostra la forte influenza dei pittori lombardi e veneti su di lui: anche i geni, come Caravaggio, non nascono dal nulla.

 

Finalmente, è il caso di entrare nella rassegna. Appare subito il celebre Canestro di frutta, uscito dopo 400 anni (!) dall’Ambrosiana di Milano. Natura e simbolo ci aggrediscono con una luce penetrante. Poi, si passa di sorpresa in sorpresa. Dall’Incoronazione di spine da Vienna, alla Natività di Messina. Dal Davide e Golia drammatico all’Amore vincitore da Berlino, sfacciato adolescente romano; dal Ragazzo col canestro di frutta all’Annunciazione di Nancy, restaurata per l’occasione, è un percorso cronologico che ci fa viaggiare con il pittore. Con il suo fortissimo senso di umanità, in cui ciascuno di noi si sente compreso e accolto.

Ma non basta la mostra. Roma attende col Caravaggio nelle chiese (San Luigi dei Francesi, Sant’Agostino, Santa Maria del Popolo), nelle gallerie (Doria, Corsini, Capitolina, Borghese) e in particolare nel Casino Ludovisi, aperto dopo 25 anni per mostrare l’unico affresco mitologico del pittore che si è ritratto come Plutone!

È davvero ricca la Capitale nell’anno caravaggesco con celebrazioni in tutta Italia (meno, purtroppo, che in Sicilia: dove ci sono ben tre lavori del pittore). Vale la pena visitare Roma, o rivisitarla, per chi ci vive. Si ha la fortuna di incontrare il vero volto di Caravaggio.

 

Caravaggio. Roma, Scuderie del Quirinale, fino al 13/6 (catalogo Skira).

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