I leader religiosi accolgono l’appello del pontefice

La giornata di preghiera e la veglia per la pace fissate da Francesco per sabato prossimo hanno suscitato reazioni molto positive soprattutto in Medio Oriente
Gregorio III Laham foto di Rei Momo

Nei vari Paesi del Medio Oriente la giornata di preghiera e la veglia per la pace fissate da papa Francesco per sabato 7 settembre hanno suscitato echi molto positivi e non solo all’interno delle comunità cristiane.

La più significativa delle varie reazioni è stata quella che si è avuta in ambito musulmano. Come subito diffuso dalle agenzie stampa AsiaNew e Fides, il gran mufti di Siria, Ahmad Badreddin Hassou, leader spirituale dell'islam sunnita nel Paese medio-orientale teatro della guerra e centro del potenziale attacco occidentale, ha dichiarato di essere rimasto profondamente colpito dall’appello del papa per la pace in Siria. Come risposta all’invito del pontefice, il mufti ha espresso il desiderio di recarsi a Roma per poter partecipare di persona all’avvenimento che si svolgerà a san Pietro. Ovviamente, vista l'attuale situazione siriana, non è possibile sapere se potrà realizzare tale desiderio.

Al di là della sua partecipazione o meno, resta comunque molto significativo che il mufti abbia incoraggiato la sua comunità a Damasco ad «accogliere l’appello, esteso dal papa a tutte le religioni, a pregare per la pace in Siria». Il leader religioso musulmano ha usato parole forti, dichiarando che «tutti avvertono che il papa è un padre, che ha a cuore il futuro del popolo siriano tutto e che vuole proteggere tutta la società siriana, nelle sue diverse componenti, perché non sia distrutta da divisioni religiose e dal radicalismo». Ahmad Badreddin Hassou ha sottolineato che i musulmani siriani ritengono il papa come un «vero leader spirituale, libero da interessi politici, individuali o collettivi, come leader che parla per il vero bene del popolo siriano». L’agenzia Fides ha informato che i gruppi musulmani, le comunità tribali, i drusi, gli ismaeliti e le altri componenti della società siriana si uniranno alla preghiera.

In Israele, il Bney-Akiva, vasto movimento giovanile ortodosso, ha elogiato il papa per la sua proposta ed ha invitato i suoi gruppi e comunità ad unirsi alla preghiera per la pace, affermando che il fatto che tutti gli uomini sono stati creati ad immagine di Dio, è la giustificazione fondamentale per dire di no alla guerra.

Anche all’interno delle varie Chiese cristiane le reazioni sono state molto positive. Gregorio III Laham (nella foto) patriarca greco-cattolico di Antiochia, di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme dei Melchiti, ha riconosciuto che la giornata di preghiera indetta dal papa «conferma l'amore di Francesco per questa terra martoriata». Una conferma evidente dell’accoglienza molto positiva ottenuta dalla proposta del papa viene dal fatto che in tutte le parrocchie della Siria e del Medio Oriente sono già iniziati i preparativi per la veglia. Nei santuari mariani di Saidnaya (Damasco) e Harissa, in Libano, si celebreranno messe speciali e molti fedeli arriveranno in pellegrinaggio. A questo si aggiunge una decisione coraggiosa presa delle autorità cristiane in Siria: lasciare le chiese aperte fino alla mezzanotte, nonostante i bombardamenti e le azioni di guerra.

Anche in Libano, dove si teme una nuova guerra, l’appello del papa ha suscitato vasta eco all’interno delle varie comunità. Il patriarca maronita di Beirut, card. Bechara Rai, e il patriarca greco ortodosso di Antiochia, Youhanna Yazigi, si sono detti «profondamente confortati dall’appello del papa», dichiarandosi impegnati a sensibilizzare le rispettive comunità per la comune preghiera. 

L’Agenzia Fides ha comunicato una dichiarazione congiunta diramata dopo l’incontro dei due leaders cristiani che chiedono «a tutti i paesi stranieri, nella regione o più lontani, di adoperarsi per risolvere il conflitto attraverso mezzi politici, diplomatici e pacifici». Giudicando «inaccettabile che qualcuno distrugga la vita dei siriani» i due leader si dicono «contrari a qualsiasi intervento armato straniero in Siria», e ribadiscono che la guerra «non porta altro che distruzione e rovina». «Vogliamo sempre parlare la lingua del dialogo e della pace», affermano, confermando l’impegno a «costruire una società basata sul rispetto, sull’amore, sulla cooperazione con il prossimo».

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