I grandi alla prova del pubblico

Tante uscite, anche questa volta e di autori di grosso calibro, da Tarantino a Spielberg a Tim Burton con pellicole nostalgiche, comiche e sorprendenti
Leonardo Dicaprio

Per sorridere Lui (Steve Carrell) è un quarantenne mollato dalla fidanzata, lei  (la rediviva Keira Knightley) una farfallina in cerca dell’uomo giusto. Intanto l’asteroide Matilda sta arrivando, e fra due settimane distruggerà la terra. Che fare? Divertirsi o distruggere come fanno alcuni? I due, vicini di casa, fra l’altro, sono in verità dei romanticoni. Così il film Cercasi amore per la fine del mondo, falsamente apocalittico, diventa una commedia piacevole, con quelle sceneggiature lievi che tolgono ogni macchia di scontato e scivolano bene verso la storia dei sentimenti, della riconciliazione e dell’amore – finalmente quello vero – trovato. Ma l’asteroide avanza. Come andrà a finire? Lo scoprirete vedendo questa bella commedia rilassante di Lorene Scafaria che mescola al punto giusto suspence e tenerezze.

Per sorprendersi Quentin Tarantino con Django prova a rifare lo spaghetti western, a modo suo, ovviamente. L’America due anni prima della guerra civile (quella del filmone di Spielberg, Lincoln). I neri emarginati e picchiati, gli avventurieri cacciatori di taglie, come il medico tedesco Schultz (un simpatico Cristoph Waltz) e lui, l’eroe nero Django (Jamie Foxx, tremendo). Schiavo ribelle, indomito, selvaggio. Pistola dal grilletto facile, angelo vendicatore dei neri, amante appassionato della belle moglie schiava da liberare. Aria cupa, luci tenebrose, sangue che schizza. Questo Tarantino ce l’ha già fatto vedere. Ma quando arriva  nella piantagione del ricco e perfido Calvin Candie (Leonardo Di Caprio, inarrivabile), Tarantino cambia registro e il western si fa dramma piscologico a tre, durissimo, sottilissimo, teatrale. Di Caprio con un sola alzata di sopracciglia dice il personaggio, ma gli altri non sono da meno. Sangue ne scorre parecchio, forse troppo: ma è la cifra tarantiniana. Tarantino mescola i generi – western, trhiller, tragedia, avventura, politica, satira (molti pizzicotti ai tedeschi…) – e ne esce un film di forte personalità, sanguigno e incupito, quasi extratemporale e con sbalzi umorali evidenti. Basti vedere la fotografia notturna e buia e la luce che più che al chiarore punta all’oscuro, soprattutto di interni, ma anche certe chiarità  amano ben poco i raggi solari. Da non perdere.

Per ricordare Non perdetevi, se potete, Aprés mai, tradotto inspiegabilmente in Qualcosa nell’aria, di Olivier Assayas, già presentato a Venezia. Ossia Parigi, inizi anni Settanta, anni rivoluzionari per la gioventù: ma non è il solito film sessantottino, alla Dreamers di Bertolucci, per capirci. Gilles vorrebbe far cinema, ma esita tra impegno sociale e vocazione artistica. L’indecisione lo porta a un viaggio tra diversi paesi e tra diverse esperienze fino alle scelte decisive. Un viaggio di maturazione umana, rivisto oggi sul filo del ricordo non nostalgico ma equilibrato, distaccato. Senza lacrime o i soliti concioni politicheggianti. Bella la fotografia e belle le scene, bravo il cast. Della serie ricordare fa bene, ma oggi la vita è cambiata. Però, sognare si può sempre!

Per sognare Riecco Tim Burton con Frankenweeine, ossia un cane risistemato come Frankestein ma rimasto buono e amabile. Solo che la gente non lo sa e ha una paura da matti. Non raccontiamo nulla, perché il film è un divertimento a sorpresa, per chi ama le fantasie di Burton e la magia orrenda ma simpatica. Il bianco e nero poi fa la sua parte per creare quel mix di horror, bontà e curiosità che fa del film un’opera piacevole e mica  tanto superficiale. Anzi, per nulla. Della serie: non è vero che chi è brutto è anche cattivo. Vedere per credere.

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