I giovani cercano l’amore vero
Massimiliano Varrese è diventato attore attraverso un passaggio naturale e graduale. Ricorda che già da piccolo, quando partecipava alle recite scolastiche, ascoltava e guardava le persone, gli animali, con interesse: volevo capire perché si parla o ci si muove in un determinato modo, capire cosa si nasconde dietro un’espressione del viso o un gesto. Ha cominciato come ballerino, poi cantante ed infine attore. Massimiliano, qual è il tuo impegno primario in questo momento? È soprattutto quello di attore, ma nello stesso tempo porto avanti una ricerca personale, lavorando moltissimo su me stesso, per una crescita interiore e spirituale. In che senso? Sono cresciuto in una famiglia cristiana e per sette anni, da ragazzo ho fatto il chierichetto… So che esiste un Assoluto e che ogni fede religiosa, se vissuta, porta a questa ricerca dell’Assoluto attraverso la via dell’amore e della pace. La crescita spirituale di cui parlavo sta nel fatto di imparare ad ascoltarmi, a conoscermi… Se ho un problema, devo accettarlo e cercare di capire dentro di me da cosa nasce e non dare subito la colpa agli altri o inveire contro qualcuno… Provare un dolore è come – passi la parola – incontrarsi con un Maestro che ti dice: ascolta, cerca di capire… Questo ti fa capace di ascoltare te stesso, di ascoltare gli altri e di fare il bene agli altri. Tu vivi nel mondo dello spettacolo che sappiamo essere un mondo non facile. Sì, non è semplice. Però sto imparando a non farmi condizionare dagli aspetti negativi. Se mi trovo dinanzi a persone invidiose o gelose che fanno di tutto per ostacolarmi il percorso, ho capito che non devo difendermi, né devo attaccarle, ma cercare di capire perché quella persona si sta comportando in quel modo; sicuramente dietro quell’atteggiamento negativo c’è qualche problema, qualche debolezza, o una paura. Solitamente si dice con facilità: Quello è antipatico. Io cerco di non farmi contaminare da questi giudizi, per capire la persona com’è dentro, perché appare antipatica… Mi accorgo che ascoltandola e cercando di avere questo atteggiamento di attenzione profonda, riesco a cogliere l’essenza positiva della persona. Pensi quindi che l’arte, possa aiutare l’uomo a migliorare sé stesso, a rapportarsi con gli altri? C’è chi fa arte per sentirsi dire sei un artista… Sono, il più delle volte, persone che fanno fatica a donare qualcosa di proprio, gelose del proprio, chiuse nel loro mondo… All’inizio anch’io ero un po’ così. Poi ho capito che la cosa più bella che potevo fare con la mia arte era quella di essere un dono per gli altri, disposto a donare anche i miei segreti. Se l’arte non è dono non è neanche arte, ma solo un modo per attirare l’attenzione e basta. È bello poter donare qualcosa di proprio a qualcuno che poi riesce a sua volta a farla propria. Ultimamene ho scritto una canzone che ho voluto donare ad una cantante: al mio dono si è aggiunto il suo modo di esprimersi ed è venuta fuori la bellezza. Penso che sia il pezzo più bello che abbia composto. Vuoi dirci qualcosa di questa fiction Grandi domani ? È una serie televisiva prodotta da Roberto Pace e Maurizio Costanzo che osserva con attenzione il mondo dei giovani di oggi. Io interpreto Furio, un giovane ballerino cinico, che non guarda in faccia nessuno, va per la sua strada, chiuso e scontroso… Questo comportamento è dovuto al fatto che da piccolo è cresciuto senza genitori in un orfanotrofio e si è trovato ad affrontare la vita da solo, chiudendosi e diventando cattivo. La cosa bella di Furio è che all’inizio lo vediamo nella sua durezza, ma poi notiamo piccoli cambiamenti fino al momento in cui, aprendosi, dirà la verità sulla sua vita. È stato facile interpretarlo? È stato uno sforzo enorme. Per tre mesi ho fatto prove con un coreografo… e poi a livello di carattere è stato faticoso in quanto, essendo l’opposto di me, ho dovuto lavorare tanto su me stesso. Ti è stato più facile entrare nel personaggio di Eugenio del film di Lambertini, che hai da poco terminato di girare? Eugenio è un personaggio completamente diverso da Furio: è un giovane poeta, calmo, riflessivo che ama ascoltare il silenzio, la natura. Furio è nevrotico, agitato. Ho dovuto voltar pagina, mettere tutto da parte ed entrare nella vita, nei pensieri di Eugenio che, per certi versi, è simile a me e quindi mi ha permesso di tirar fuori le cose più preziose del mio animo e della mia ricerca spirituale. Ho avuto bisogno però di molta concentrazione sul set, anche perché molto spesso dovevo esprimere pensieri emozioni sentimenti solo con uno sguardo. Eugenio vive la sua esperienza ai primi dell’Ottocento, sogna l’amore, scopre la bellezza, la gentilezza d’animo. Pensi che la sua avventura sarà recepita dai giovani di oggi? Credo di sì perché ultimamente i giovani stanno ricercando emozioni vere, sentimenti autentici. Molti miei amici si stanno fidanzando – fino a ieri era un fuori tempo fidanzarsi -, e cercano storie lunghe perché vogliono l’amore vero, quell’amore che non hanno trovato in casa dove, semmai, i genitori sono separati. Fuoco su di me è una favola d’amore ambientata nell’Ottocento, ma con valori attuali. Il fatto che Eugenio, pronto a tornare in battaglia, dinanzi ai nemici si libera delle armi e della divisa militare, vuole farci capire che noi tutti dovremmo mettere da parte le armi e cercare di dialogare di più, comunicare con le parole, cercare di ascoltarci e capirci.