I Focolari e le sfide di papa Francesco

Nella ricorrenza del 16 luglio, la presidente del Movimento dei Focolari, Maria Voce, fa propri e rilancia i ripetuti appelli di papa Francesco per una rinnovata apertura alle frontiere dell’umanità
Barbone

Il 16 luglio è una ricorrenza da sempre celebrata con particolare solennità nel Movimento fondato da Chiara Lubich, perché fa memoria di un evento risalente a questa giornata dell’anno 1949, legato ad uno speciale “patto d’unità” statuito da Chiara con Igino Giordani – cofondatore del Movimento – a partire dal quale ebbe inizio un periodo straordinario considerato fondativo per i Focolari.

«Quest’anno – dice Maria Voce, attuale presidente – mi sembra che rinnovare quel ‘patto’ abbia un sapore speciale, quasi un’occasione unica perché il Movimento possa rinascere nuova nel suo disegno».

Nel Movimento è in corso un cammino di adeguamento organizzativo in varie aree del mondo, all’interno del quale una attenzione prioritaria viene assegnata ai ‘Paesi di frontiera’.

Maria Voce coglie lo spunto dalla odierna ricorrenza per allargare gli orizzonti di questo processo, facendo proprie le esortazioni del pontefice: «Papa Francesco parla di periferie esistenziali e questo mi sembra che allarghi di molto il concetto di Paesi di frontiera. Periferia esistenziale è qualsiasi punto dove l’uomo non trova più il suo centro perché non trova più Dio. E tutti noi che, per sola grazia, l’abbiamo incontrato, siamo chiamati a stare lì, ad immergerci in questa umanità sbandata per riportarla al suo centro».

Aggiunge come sia necessario «uscire incontro agli uomini e riportare fra loro la vita della Trinità: il Regno di Dio, vincendo ogni paura e ogni angoscia».

E conclude con una visione prospettica: «Potrebbe iniziare un tempo nuovo, con una grazia nuova, in cui essere e mostrarci realmente discepoli autentici di Gesù e quindi rivoluzionari del Vangelo, necessariamente “segno di contraddizione” (Lc. 2, 34), “scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani” (1 Cor. 1, 23), per riportare a Dio, dovunque ogni piccola o grande cellula di questo corpo si trova oggi o si venga a trovare domani, quei fratelli che sono tutti nell’orizzonte dell’ut omnes spalancatoci da Chiara Lubich».

Un messaggio sintonico con le parole del pontefice. Era ancora cardinale, Jorge Bergoglio, quando affermava, durante una delle congregazioni pre-Conclave: «La Chiesa è chiamata a uscire da se stessa e dirigersi verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali. Quando la Chiesa non esce da se stessa per evangelizzare diviene autoreferenziale e si ammala. La Chiesa deve guardare alle periferie esistenziali: quelle del mistero del peccato, del dolore, delle ingiustizie, dell'ignoranza… del pensiero, di ogni miseria».

Poi, fin dai primi giorni del suo pontificato, papa Francesco è ritornato a fare appello ad una rinnovata attenzione a tutte le periferie dell’umanità, non solo quelle geografiche o urbane, ma anche a quelle spirituali ed esistenziali.

«Dobbiamo imparare ad uscire da noi stessi per andare incontro agli altri, per andare verso le periferie dell’esistenza, per primi verso i nostri fratelli e sorelle, soprattutto i più lontani quelli che sono dimenticati, quelli che hanno più bisogno di comprensione e aiuto» (27 marzo 2013, prima udienza generale).

«Nelle periferie dove c’è sofferenza, sangue versato, c’è cecità che desidera vedere, ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni». Andare nelle periferie è un valida prassi per diventare «pastori con l’odore delle pecore, pastori in mezzo al proprio gregge» (28 marzo 2013, messa crismale del giovedi santo).

«La realtà la si capisce meglio non dal centro, ma dalle periferie» (26 maggio 2013, visita alla parrocchia romana dei Santi Elisabetta e Zaccaria).

«Non abbiate paura della gioia! Quella gioia che ci dà il Signore quando lo lasciamo entrare nella nostra vita. Lasciamo che Lui entri nella nostra vita e ci inviti ad andare fuori, noi, alle periferie della vita e annunciare il Vangelo»(7 luglio 2013, Angelus dopo la messa con i seminaristi).

E la predicazione di papa Francesco non resta confinata alle parole, passa ai fatti. Lo testimonia il suo primo viaggio apostolico a Lampedusa, periferia d’Europa, dove ha affermato (specificando “mi includo anch’io”): «Tanti di noi non siamo più attenti al mondo in cui viviamo, non curiamo, non custodiamo quello che Dio ha creato per tutti e non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli altri» (8 luglio 2013).

Indicazioni, da posizioni diverse ma convergenti, quelle del pontefice e della presidente dei Focolari, in cui è difficile non cogliere – accanto a suggestioni di carattere spirituale – anche delle forti implicazioni sul versante politico.

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