I film del weekend
Meraviglioso Boccaccio
Paolo e Vittorio Taviani con un gruppo di attori affermati come Lello Arena, Paola Cortellesi, Jasmine Trinca, Kim Rossi Stuart, Michele Riondino, Kasia Smutniak, Vittoria Puccini…, hanno affrontato il Decameron di Boccaccio, a modo loro. Nessuna allegria o erotismo, ma una poesia malinconica di giovani che durante la peste a Firenze nel 1348 si rifugiano sulle colline fuori città e si raccontano novelle ora amorose ora spiritose per ritrovare la serenità. I Taviani ne scelgono cinque, gustose e romantiche e le inscenano tra la Toscana e il Lazio, fotografando con limpidezza molto “toscana” – ossia razionale e geometrica – luoghi e bellezze di ville, monasteri, campi e prati a noi ignoti, a restituirci un Medioevo più da pittura rinascimentale che trecentesca, nonostante i costumi siano assai precisi.
Certo, attori come Rossi Stuart (il suo Calandrino buffo ed esagerato), Josafat Vagni (il suo Federigo mite è molto riuscito) e la Giovanna, disegnata come forte presenza scenica da Jasmine Trinca (al contrario Riccardo Scamarcio appare “fuori parte”), delineano la narrazione con passione, frenata tuttavia da una regia algida, calligrafica, e da un’aria triste e senza gioia che trascorre per il film. Anche le musiche scelte, dalla sinfonia di Rossini (Semiramide) al Macbeth di Verdi hanno qualcosa di rallentato, di struggente: l’amore più che gioia è dolore.
I Taviani sembrano comprimere la vitalità boccaccesca in una attuazione contemporanea che appare lievemente forzata da un presupposto interpretativo che non lascia libero spazio alla poesia, ma pare preferire anche tinte cupe (la descrizione della peste iniziale). Essa è da trovare nella natura, il cui incanto per fortuna ci viene restituito dalla fotografia, come si diceva, mentre i giovani appaiono introversi ed ansiosi: come i giovani d’oggi?
Motel
Robert De Niro non invecchia bene. Ora si dedica a particine come in questo noir sanguigno e notturno dove è un boss incallito che inganna il suo fido Jack (John Cusack, non al suo meglio), sensibile e sfortunato, affidandogli una missione segreta: una borsa da recuperargli in uno squallido motel, senza però mai aprirla. Jack incontra una donna, amica-nemica del boss, ma è un rapporto difficile. Nel notturno piovoso e violento si uccidono vite e si rimane sospesi. David Grovic dirige con clichè risaputi questa narrazione losca, creata forse troppo in fretta per compiacere De Niro.
Vizi di forma
Certo, da Paul T. Anderson ci si poteva aspettare di meglio che questa storia di Doc Sportello, investigatore strafatto (Joaquin Phoenix a suo agio nei personaggi sulfurei e stravaganti) nella Los Angeles degli anni Settanta. Fra tossici, surfisti, rocker e misteri variegati il racconto procede per sbalzi, violenze, incontri “fatali” in un delirio narrativo dove la logica ha ben poco spazio, ma lascia la porta aperta alla visionarietà di un mondo dove nulla è come appare e il povero Doc rischia di diventare una vittima di evasori fiscali molto in gamba. Un inno ambiguo eppur nostalgico ai favolosi anni Settanta di droga-sesso-rock? Spavaldo e confuso.
Kingsman: Secret Service
Ecco una divertente, ironica presa in giro degli agenti segreti alla 007. Complice Colin Firth che ingaggia un ragazzo sbandato ma ben dotato nella lotta al crimine. I clichè del genere sono intelligentemente dosati – fughe, spari, inseguimenti, adrenalina,“ammazzatine”… – così che l’umorismo moltobritish colpisce ancora, anche il sempreverde Michael Caine. Dirige con ritmo giusto e una buona dose di simpatia Matthew Vaughn.
In sala c’è anche La legge del desiderio, ritorno di Silvio Muccino, a dire il vero non esilarante: va bene che non sfoggia più la “zeppola”, ma darsi alla regia… meglio fare l’attore, forse.