I figli dell’immortalità

I progressi della ricerca sulle cellule staminali continuano ad aprire nuovi interrogativi. L'ultimo a proposito della teorica possibilità di avere un figlio solo da se stessi.
malattie rare

La notizia piacerà a chi ritiene che esista il “diritto ad avere un figlio”. Non piacerà, invece, a chi considera prevalente il diritto del nascituro a venire al mondo come frutto dell’amore di un padre e di una madre.

 

Si parla di cellule staminali: opportunamente manipolate, possono essere indotte a generare qualsiasi tipo di tessuto. L’ultima scoperta, come era del resto prevedibile, riguarda la possibilità di ottenere spermatozoi maschili. Chi ha problemi di fertilità, potrà in futuro diventare padre grazie a questa tecnica: si prende una cellula del proprio corpo, ad esempio della pelle, la si fa regredire fino allo stato indifferenziato (tipo le cellule dell’embrione), poi la si specializza per costruire lo spermatozoo maschile che, impiantato nell’utero di una donna, darà origine ad un nuovo nato.

 

Fin qui la notizia, ma proviamo a fare un passo più in là: prendiamo una donna innamorata di un uomo irraggiungibile, per esempio un divo del rock. Se riuscisse a staccargli un capello, potrebbe ottenere alcune sue cellule, con cui farsi preparare spermatozoi, per rimanere in cinta e ottenere alla fine un figlio da lui. Naturalmente a sua completa insaputa! Tutto teoricamente possibile. “Il maschio inutile” hanno titolato i giornali.

 

Ma presto questa donna potrebbe avere un’altra idea: perché non prendere una “propria” cellula della pelle, manipolarla per ottenere uno spermatozoo e impiantarla in un proprio ovulo per ottenere una figlia copia di se stessa? Una specie di immortalità fai da te. Al di là dei problemi tecnici concreti che rendono per ora lontana questa procedura, la tentazione potrebbe essere irresistibile, sia per le donne che, domani, per gli uomini. Avremo quindi una società di figli nati da solo padre o solo madre. Amore, egoismo o autorealizzazione? In sintesi: “La coppia inutile”.

 

L’ultimo passo sarebbe l’utero artificiale. Via il fastidio di portare per nove mesi il feto in grembo, via il trauma del parto. Ognuno, per avere un erede uguale a sé, dovrebbe semplicemente portare un proprio capello ai “laboratori della nascita”, specificando le caratteristiche (maschio o femmina, biondo, occhi azzurri ecc.) del figlio desiderato, e dopo nove mesi, pagato il ticket, ritirare il pacchetto.

 

Fantascienza? Forse. La direzione però è questa. Tra l’altro, allo Stato potrebbe venir voglia di gestire la faccenda direttamente. In pratica: “I genitori inutili”.

 

Non è solo questione di etica. L’epigenetica è un settore di ricerca che si occupa dell’influenza dell’ambiente sull’espressione dei geni di un individuo e della sua discendenza. Ricercatori messicani affermano che l’amore dei genitori “al momento del concepimento” influenza l’espressione dei geni del nascituro. Se in quel momento i genitori sono depressi o irritati, insomma, il bambino ne risentirà. Questo significa che chi nasce in provetta, da fecondazione artificiale, non ha, nei propri geni, il segno dell’amore tra i genitori. Cosa questo significhi, nessuno ancora lo sa.

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