I falsi equilibri di Pinter
Ne La stanza una logorroica moglie, in assenza del silenzioso marito, dovrà affrontare, prima un ipotetico padrone di casa; poi una giovane coppia di potenziali affittuari; in ultimo un misterioso uomo di colore, cieco: portatore di uno scomodo segreto, è destinato ad essere eliminato dal consorte di lei la quale sprofonderà, forse, nel buio della cecità. Anniversario, invece, convoca a banchetto la prepotenza dei ricchi e dei potenti. Il clima formale in un ristorante alla moda, è sarcasticamente contraddetto dall’intrusione di uno strano cameriere. Raccontando delle frequentazioni di suo nonno con celebrità di Hollywood e scrittori di fama, interloquisce nelle conversazioni ai tavoli di questi clienti danarosi e arroganti, tra cui una coppia che festeggia ipocritamente vent’anni di matrimonio. A prima vista può apparire farraginoso il gioco di situazioni, solo apparentemente semplici, che Harold Pinter ci presenta nei due atti unici sopra descritti. A renderlo ancor più complesso si aggiunge la dimensione di assurdo improvvisamente innescata nel mezzo delle trame. In più si rimane con l’interrogativo sull’identità di due personaggi, il cieco e l’inserviente. Entrambi forse rappresentano degli emblematici messaggeri venuti a ricordarci la precarietà delle nostre quotidiane sicurezze o a riportare un senso d’umanità nell’imperante stupidità della chiacchiera. La loro intrusione comunque sortisce l’effetto di spiazzamento all’interno delle relazioni umane che intercorrono fra i vari personaggi. E quegli ambienti, descritti con realistica precisione – lo spazio angusto di una stanza e quello sfarzoso di un ristorante – diventano il perime- (2) Tilde De Tullio tro entro cui si scoprono le trame dei falsi equilibri fra le coppie. Ad accomunare, pur in modo diverso, i due copioni (scritti rispettivamente nel ’57 e nel ’99, e abbinati in un unico spettacolo) è il tema della violenza. Anche fisica nel primo; nascosta – ma non troppo – nella volgarità delle parole, nel secondo: emblema di un mondo che ha perduto la sua dignità morale. Pur considerando il miglior Pinter quello degli inizi, nello scavo drammatico della memoria più che in quello ultimo della denuncia sociale, non si può non riconoscere al drammaturgo inglese la capacità rara di portare alla luce certi malesseri del nostro tempo. A proporre i due testi in Italia, non andando oltre, però, ad una lineare messinscena, è il regista Roberto Andò con una bravissima Marina Confalone, sdoppiata in una sciatta anziana da periferia urbana e poi in frivola signora scintillante, e con altri appropriati officianti dei nuovi riti del benessere e dello squallore sociale: Paolo Graziosi, Lorenza Indovina, Carlo Valli, Flavio Bonacci, Giuseppe Battiston.