I doveri della cronaca sportiva

Competenza, sobrietà, ritmo: grazie a questo “Tutto il calcio, minuto per minuto” resiste dopo 50 anni.
Nando Martinelli

«La trasmissione radiofonica che nel mare procelloso dei diritti ha saputo tenere alta e tesa la bandiera dei doveri». Così il conduttore Alfredo Provenzali spiegò lo spirito di Tutto il calcio, minuto per minuto all’apertura della stagione 2008-2009. Domenica 10 gennaio la più popolare e storica trasmissione dedicata al calcio compirà 50 anni. I doveri a cui Provenzali si riferisce sono competenza, sobrietà, ritmo. Quelli che lui ha ereditato dai suoi predecessori, Massimo De Luca e soprattutto Roberto Bortoluzzi, un gentiluomo, ideatore e conduttore delle dirette del calcio per 28 anni, un record assoluto per un mestiere sempre in altalena.

Prima di loro Nicolò Carosio, una leggenda per i più giovani, quello che non ha imparato da nessuno, commentando già i Mondiali vinti dall’Italia nel ’34 e nel ‘38: sue le espressioni come la palla che «viaggia» o il «quasi gol».

 

Nel dopoguerra il calcio serviva a far dimenticare le sofferenze, e l’entusiasmo per il Grande Torino ne fu l’emblema. Editori e direttori di giornali male interpretarono l’interesse per il pallone come un fenomeno transitorio. Lo stesso Carosio nessuno ebbe mai il coraggio di assumerlo in radio per farlo lavorare tre quarti d’ora alla settimana per otto mesi. Per fortuna guadagnava di più dal suo lavoro di rappresentante di una marca di benzina.

Il primo a seguirne le orme fu Nando Martellini: dopo aver scandito la telecronaca dei funerali di Einaudi e di Giovanni XXIII, fu la prima voce di “Tutto il calcio,…”. Niente urla, niente enfasi, niente isterismi, una pacata imperturbabilità all’inglese, furono i tratti caratteristici del suo racconto. Quel «campioni del mondo» scandito tre volte ai Mondiali dell’82 rappresentò l’apice del suo coinvolgimento emotivo. Più fisicità, più veemenza, ma parole semplici e tanto ritmo nei racconti del collega Enrico Ameri che nell’80 inventò anche “Il Processo del lunedì”.

«Siete collegati con San Siro da dove Sandro Ciotti vi augura buon pomeriggio e buon ascolto. Giornata calda, ventilazione inapprezzabile, terreno perfettamente agibile, spalti al limite della capienza»: parole leggendarie firmate dal cronista dal linguaggio più impeccabile, raffinato, fantasioso, originale che la radio abbia mai avuto. Ciotti fece della sua voce, divenuta roca dopo 14 ore di diretta alle Olimpiadi del Messico, un marchio inconfondibile. Un discreto passato da calciatore, buon talento musicale, commentò 40 Festival di Sanremo, oltre a 2.400 partite, Olimpiadi, Giri e Tour. Celeberrima la sua frase: «Clamoroso al Cibali», con riferimento al successo ottenuto dal Catania contro l’Inter, campione d’Italia e campione del mondo nel ’66. Riusciva a confezionare “pezzi” originali, rivelatori, quelli che facevano esclamare a chi ne fruiva: «Ah, questo da solo non l’avrei mai capito», aprendo la strada agli opinionisti oggi tanto di moda. Consapevole dell’importanza di far capire all’ascoltatore cosa succedeva sul campo coniò definizioni e neologismi capaci di “mostrare” un’azione a chi l’ascolta alla radio: «terzino fluidificante», «ala tornante», «mezzala di raccordo», «mediano di sostegno o di spinta».

Disponeva di due doti che ogni cronista di dirette sogna di avere: una spiccata concentrazione ed un vocabolario più che affidabile, capace di offrire vocaboli di scorta utili per guadagnare tempo quando, ad esempio, non si è visto chi ha segnato il gol in mischia. E che permettono di vincere il panico della diretta. Quello che assale il cronista quando, in un minuto di collegamento, deve riuscire a dare il massimo delle informazioni nel minimo tempo, dedicando contemporaneamente attenzione allo sviluppo della partita, che magari cambia volto proprio mentre il cronista sta consultando gli appunti per riferire quello che è successo in precedenza.

Grazie a tutto questo “Tutto il calcio, …” resiste alla concorrenza dei programmi sportivi televisivi sempre più tecnologici: perché rimane una trasmissione immediata, emozionante, che si può ascoltare ovunque, che impone ai suoi giornalisti di essere ben preparati, non potendo nascondersi dietro il supporto di belle immagini.

Indro Montanelli definì la trasmissione: «La più meritoria di tutte le trasmissioni: che Dio ce la conservi».

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