I dischi di luglio
Trai dischi dell’estate segnaliamo un talento che ha spiazzato molti: Taylor Swift. La giovane pop star americana ha infatti regalato a tutti noi “Folklore”, un album dai toni decisamente diversi rispetto a quelli a cui ci aveva abituati. Un intimo perdersi, tra i maestosi alberi di quella grigia foresta ritratta in copertina. Sedici tracce avvolgenti, lontane anni luce dai bagliori delle discoteche e dei video patinati. I quasi ottanta milioni di ascolti su Spotify nel giro di una settimana possono confermare l’apprezzamento universale che ha ricevuto questo disco, mettendo d’accordo critica e pubblico. Analizzando il suo percorso fino a qui, è difficile non percepire questo album come il lavoro della maturità. Alla faccia di chi cercava un’altra Britney.
Da Birtney a Brit il passo è breve. Vi ricordate i Pulp, band britannica degli anni 90? Il loro leader, Jarvis Cocker, è tornato sulle scene con un nuovo progetto, la band Jarv Is… con un disco art-dance farcito di Pulp e glassato con minimalismi elettronici dal titolo “Beyond The Pale”. Le canzoni, in realtà, erano state provate e registrate dal vivo durante un festival (organizzato dai Sigur Ros), mettendo in risalto la differenza di dinamica che si creava interagendo con un pubblico. Il risultato è questo piccolo gioiellino che si fa ascoltare con piacere e che mette in risalto l’ottima capacità compositiva del Cocker.
Parlando della prossima band , possiamo innanzitutto riconoscere superata la temibile prova del secondo disco, quello della conferma. I Fontaines D.C. infatti, non solo confermano ma sottolineano più volte con il pennarello rosso. “A Hero’s Death” è un disco sicuramente più scuro e complesso del primo, decisamente più in linea con la new wave ma con venature di brit. Se Televised Mind rimanda a certi Manic Street Preachers, A Lucid Dream sa di Joy Division. È tutto un gioco di richiami, citazioni, omaggi. E che omaggi! Vivamente consigliato agli amanti del post punk i quali questo mese possono godere anche dell’ottimo lavoro svolto dal collettivo canadese Crack Cloud, un gruppo di ragazzi dalle competenze professionali diverse (come il videomaking, il design, la grafica) e con due cose in comune, la passione per la musica e un passato difficile dedito all’abuso di sostanze. Una forza esplosiva, uno scossone a chi non ascolta le loro voci quotidinamente e non su disco.
Con “Pain Olympics”, secondo lavoro ufficiale, i Crack Cloud convincono e rapiscono, affascinano pur non avendone l’intenzione.
E in Italia? Sicuramente, uno dei migliori album sentiti questo mese è “Mi Ero Perso il Cuore” di Cristiano Godano, un leggiadro scorrere di canzoni delicate e di parole vere. Sì perché Godano è sempre stato intrigante nel suo parafrasare le emozioni e qui, lontani i frastuoni del noise, ce lo ricorda ancora una volta. Da segnalare la presenza al basso di Gianni Maroccolo (Litfiba, CSI).