I disabili, la Costituzione e la politica
In occasione della Giornata mondiale della disabilità psichica, il presidente Mattarella ha invitato al Quirinale le associazioni dei disabili, i testimonial e ha fatto un discorso di grande rilievo, contribuendo in questo modo a cambiare la cultura della disabilità nel nostro Paese.
Così si è espresso: «La disabilità non è una malattia, tanto meno un problema da scaricare sul singolo individuo e sui suoi familiari. Le condizioni di disabilità divengono gravi soprattutto se il mondo circostante non tiene conto della diversità e trasforma la differenza in fattore di esclusione».
Molti saranno rimasti sorpresi da questa affermazione, molto netta e nitida. La disabilità non è una malattia, ma è uno sguardo sulla relazione che tocca quelli che la nostra Costituzione chiama “minorati”. La parola è desueta e nel nostro linguaggio di oggi ha una valore dispregiativo, che tende a ferire.
Se guardiamo alla storia, la parola minor, minoris, minore nasce e si sviluppa nel Medioevo in ambiente francescano e indica semplicemente coloro che non hanno potere. I frati minori sono quei frati che per seguire Gesù vivono con coloro che non contano niente. Basti pensare all’incontro di Francesco con il lebbroso. Nell’abbracciare il lebbroso, Francesco esce dalla mondanità e inizia la via del vangelo con i suoi fratelli, tutti minori.
L’esperienza dei disabili, ogni giorno, è un'esperienza di mancanza di potere, a cominciare dagli scalini che impediscono di salire su un treno, piuttosto che di andare a scuola, a lavoro, a teatro, allo stadio, fino alle chiese, che spesso, per mediocrità e disattenzione, contengono scalinate insopportabili e impossibili.
Siamo chiamati in ogni momento a passare dall’inaccessibile all’accessibile. E l’accessibilità è un privilegio se non è garantita a tutti, in primis a coloro che sperimentano sulla loro pelle ciò che esclude e non ciò che integra.
Ciò che ferisce è il fatto che i disabili sembrano invisibili, in particolare la disabilità psichica – che pure rappresenta il 67 per cento della disabilità nel suo complesso – sembra ignorata e reclusa in spazi isolati, che feriscono in primo luogo chi li vive ogni giorno.
È vero. Ha ragione il presidente, la vera sfida viene dalla disabilità psichica e non da quella motoria che, per altro, costringe i disabili in carrozzina a esibire la propria fragilità, per andare alla toilette, al bar, al ristorante, allo stadio o nelle istituzioni.
Dice Mattarella: «La disabilità intellettiva abbraccia uno spettro di condizioni, dalla sindrome di Down ai diversi disturbi dell’autismo, alle molteplici forme di disabilità dalla cause complesse o indeterminate. Questo deve ulteriormente spingervi a unire le forze per accendere i riflettori sugli ostacoli che si incontrano, per alleviare gli affanni delle famiglie, talvolta stremate, per spingere le istituzioni e per contrastare i pregiudizi che circondano queste condizioni e spesso nascondono indifferenza o egoismo. Uniti siete più forti e potete dare di più. Ai vostri figli e a tutta la società».
Le politiche per la disabilità rappresentano ed esprimono la misura della fedeltà alla Costituzione del nostro Paese e domandano di abbandonare corporativismi, divisioni, gelosie e conflitti di associazione. La Costituzione ci impone l’unità del Paese, è una battaglia culturale per la vita e per la morte.
La politica deve mettere al centro le complesse questioni della disabilità, investendo, innovando, ben sapendo che i disabili psichici e motori sono la perla preziosa delle nostre comunità. Non possiamo accettare di essere presi in giro da una politica distratta e pasticciona. I disabili sono una grande risorsa del Paese. La nostra crisi, che è in primo luogo culturale, sarà superata se metteremo al centro i diritti sociali, culturali e spirituali dei disabili, che saranno punto di riferimento per tutti.
Mattarella ha toccato il diritto allo studio e il diritto al lavoro per i disabili. Su questo punto si è aperta una polemica, perché Gian Antonio Stella ha notato impietosamente che la Camera, che ha approvato le quote e ha imposto l’obbligo di assunzione, secondo la legge 68/99, è la prima a disattendere questo obbligo, perché in sedici anni (dunque dall’approvazione della legge) non ha assunto nessun disabile. La Camera stessa ha disatteso un obbligo di legge.
La presidente Boldrini ha voluto puntualizzare che dal 2006 al 2016 c’è stato il blocco dell’organico, che è passato dai 1827 del 2006 ai 1252 del 2016, con una riduzione del 30 per cento. Rimane lo scandalo che in sedici anni non sia mai stato attuato l’obbligo di assunzione di disabili. Verrebbe da dire che forse andrebbe cambiata la legge. Peraltro nella finanziaria del governo Letta, il ministro Giovannini tolse il blocco alle assunzioni dei disabili nel settore pubblico con il decreto legge 101/2013.
Si è curiosi di sapere se la stessa linea è passata al Senato e alla presidenza della Repubblica. Se uno poi gira nei palazzi della politica e delle istituzioni cadono le braccia. Nuovamente leggi belle dello Stato non applicate, dalle barriere architettoniche, agli accessi nei luoghi della democrazia.
Il presidente Mattarella chiama la politica a non giustificarsi per il presente e per il passato, ma ad avere il linguaggio della verità, riconoscendo i propri errori e le proprie ipocrisie. Abbiamo bisogno di una politica che si inginocchi sul dolore civile del Paese.