I desideri, una via verso l’infinito

Uno studio condotto a livello internazionale rivela un maggior interesse per la spiritualità tra i giovani. Don Fabio Rosini: «I desideri sono la nostra salvezza. Non dovete ucciderli, ma andarci fino in fondo»
Foto Pexels

Giovedì 29 febbraio sono stati presentati a Roma i risultati della ricerca promossa dalla Pontificia Università della Santa Croce Footprints. Young People: Expectations, Ideals, Beliefs, orientata ad individuare attraverso l’ascolto i valori dei giovani, la loro percezione della religione e della fede, le loro aspettative e le loro speranze. Tra le conclusioni dell’indagine, che si è svolta in 8 Paesi del mondo con un totale di 4.889 giovani interpellati, si rileva un crescente interesse per la spiritualità.

Durante la giornata di presentazione, sono stati trattati vari temi legati alla ricerca, tra cui la formazione dell’identità personale e l’educazione del desiderio. Don Antonio Malo, docente di Antropologia presso la Facoltà di Filosofia della Pontificia Università della Santa Croce, ha guidato i presenti lungo una riflessione filosofica, antropologica e spirituale legata al tema del desiderio.

Da Platone ad Aristotele, da san Tommaso d’Aquino a Nietzsche, da Freud a Foucault sono molti gli studiosi che hanno teorizzato il concetto, come espone a grandi linee il docente. «Il desiderio proviene da una lunghissima tradizione», evidenzia. Si tratta di un aspetto intrinseco di ogni essere umano che implica trascendenza: chi desidera è mosso da un motore endogeno alla ricerca di felicità, di bene, di bellezza, di infinito… Padre Malo spiega che esiste una differenza tra il desiderio di infinito e l’infinità del desiderio: «Il desiderio è limitato; tuttavia, è ciò che ci apre all’infinito».

Dall’indagine Footprints si deduce «un profondo desiderio di Dio e di infinito». «Il desiderio è l’aspetto più profondo del cuore umano», afferma Malo, ma avverte della necessità di educare il desiderio. L’antropologo sostiene che nel secolo odierno stiamo vivendo un “nuovo romanticismo” in cui ciò che desideriamo diventa il fattore più importante della nostra esistenza. Al tempo stesso, però, si verifica a suo avviso un enorme paradosso: davanti ad un’apparente libertà senza limiti, i giovani non trovano il senso della vita. «La società sfinisce perché siamo contemporaneamente padroni e servi di noi stessi, senza renderci conto di essere schiavi».

A questo proposito, segnala l’esistenza di tre modelli sociali che, integrati, contribuiscono al perfezionamento dell’identità personale e a vivere adeguatamente i rapporti interpersonali: le virtù, le norme morali e l’autenticità.

Il docente sottolinea che virtù non è sinonimo di rigidità, perché chi ne è attaccato con rigidità è legato al passato. Invece, «da una persona virtuosa non si può prevedere la condotta, perché dipende dal contesto in cui si trova». Allo stesso modo, spiega che per “autenticità” non si intende spontaneità, ma essere liberamente se stessi.

Questi tre modelli sono compatibili «quando si considera la persona come essere in relazione, dall’origine fino alla mèta, e cioè l’amore». Malo prosegue: «Quando ci educano bene all’amore, raggiungiamo l’autonomia, che serve a darci completamente agli altri».

Il problema ha radice nel fatto che sovente i desideri differiscono dagli atti, portandoci ad una dicotomia, a un dissidio fra l’essere e il dover essere che comporta una grande sofferenza. In questo modo, la sofferenza emana non dalla vita che si ha ma dai propri desideri. Per questo, per vincere l’ipocrisia è necessario raggiungere la sintonia del cuore.

A questo punto possono sorgere diverse domande: Come si fa a passare dalla mente al cuore e dopo alle azioni? O ancora: Si può impedire ad una persona di avere desiderio? Come si fa a non desiderare, a fermare il desiderio?

Nel De veritate (24,7), san Tommaso d’Aquino parla della passione e afferma che dal punto di vista morale non è né buona né cattiva, dipende dall’uso che se ne fa. In realtà, potremmo dire che il desiderio in sé è una cosa buona, una spinta interna ad un amore Alto. Eppure, ci sono due comandamenti che ci lasciano perplessi, perché ci dicono: “Non desiderare”. Ma quale fondamento, quale significato vi è dietro?

Sabato 2 marzo, durante le catechesi dell’ultimo ritiro del corso di approfondimento biblico “Le 10 Parole”, don Fabio Rosini, responsabile per l’Ufficio vocazioni della diocesi di Roma, ha spiegato: «Annullare i desideri vuol dire cancellare una parte dell’essere umano, castrarlo. Il cristianesimo non è l’annullamento del desiderio ma il suo compimento».

In questo senso, non si tratta di reprimere il desiderio, ma di purificarlo per potersi aprire agli altri e a Dio, che ci invita ad immergerci in un livello più profondo: ci parla del vero desiderio del nostro cuore, uno spiraglio in cui solo Lui può entrare. «Forse i desideri sono anche la nostra salvezza – aggiunge Rosini −. Non dovete ucciderli, ma andarci fino in fondo», e suggerisce di fare spazio alla grazia per essere capaci di fare un salto nella Vita.

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