I cristiani e la crisi ucraina
Nell’Angelus del 28 luglio, papa Francesco si esprimeva con queste parole: «Domani ricorre il centesimo anniversario dello scoppio della prima guerra mondiale, che causò milioni di vittime e immense distruzioni. Tale conflitto, che papa Benedetto XV definì un'“inutile strage”, sfociò, dopo quattro lunghi anni, in una pace risultata più fragile. Domani sarà una giornata di lutto nel ricordo di questo dramma. Mentre ricordiamo questo tragico evento speriamo che non si ripetano gli sbagli del passato, ma si tengano presenti le lezioni della storia, facendo sempre prevalere le ragioni della pace mediante un dialogo paziente e coraggioso. In particolare oggi il mio pensiero va a tre aree: quella mediorientale, quella irakena e quella ucraina».
La memoria del passato apre e illumina lo sguardo sul presente: il papa ci indica i tre scenari, che oggi sono davanti a noi e che coinvolgono protagonisti diversi, sia culturalmente che politicamente, ma dove il rischio di un conflitto deflagrante è costantemente in agguato.
Il conflitto israelo-palestinese ha una lunghissima storia e oggi vi sono coinvolti il governo israeliano,l’Anp, Hamas, gli americani, l'Egitto, il Qatar e la stessa Arabia saudita. Sullo sfondo stanno l’Europa e le organizzazioni internazionali.
L’Iraq e la Siria testimoniano il conflitto sunnito-sciita, che gli Stati Uniti e l’Occidente cristiano hanno rilanciato con la prima e la seconda guerra del Golfo e che oggi è degenerato nel fanatismo statuale dell’Isis.
Infine nel cuore dell’Europa si sta vivendo la crisi ucraina, dove i cristiani si schierano gli uni contro gli altri in un conflitto pericolosissimo.
Il papa nel suo ragionamento indica, innanzitutto, il metodo per risolvere i conflitti: un dialogo paziente e coraggioso e chiede nella preghiera che a quei popoli, a quelle zone e a quelli che hanno l’autorità su quelle zone siano donate «la saggezza e la forza necessarie e per portare avanti con determinazione il cammino della pace, affrontando ogni diatriba con la tenacia del dialogo e del negoziato e con la forza della riconciliazione».
Ma il papa ci dice anche un’altra cosa in questo testo sulla guerra,che riguarda il suo ruolo e quello dei discepoli del Signore : essere discepoli, essere testimoni del vangelo al cuore dei conflitti significa diventare gli avvocati, i prestanome delle vittime.
Dice ancora papa Francesco: «Fratelli e sorelle, mai la guerra! Mai la guerra! Penso soprattutto ai bambini, ai quali si toglie la speranza di una vita degna, di un futuro: bambini morti, bambini feriti, bambini mutilati, bambini orfani, che hanno come giocattoli residui bellici, bambini che non sanno sorridere. Fermatevi per favore!Ve lo chiedo con tutto il cuore. È l’ora di fermarsi! Fermatevi per favore!».
Il 25 agosto il papa all’Angelus ha fatto la preghiera per l’Ucraina ed ha detto: «Il mio pensiero oggi va in modo particolare all’amata terra di Ucraina, di cui ricorre oggi la festa nazionale, a tutti i suoi figli e figlie, ai loro aneliti di pace e serenità, minacciati da una situazione di tensione e di conflitto, che non accenna a placarsi generando tanta sofferenza tra la popolazione civile. Affidiamo al Signore Gesù e alla Madonna l’intera nazione e preghiamo uniti soprattutto per le vittime, le loro famiglie e quanti soffrono». Un testo misurato con al centro la preghiera a Gesù e alla Madonna: una preghiera, a cui è affidata l’unità del Paese, a partire dalle vittime.
Nella preghiera papa Francesco fa l’esatto contrario di quello che fanno i cristiani sulla linea del fronte dove si sparano. I dati dei feriti, dei morti, delle distruzioni è imponente. I cristiani non possono combattere e non possono essere spettatori, ma non possono neanche sottrarsi alla responsabilità tragica di una guerra tra cristiani. La preghiera a Maria, madre di tutte le vittime, di tutti i bambini violati e feriti, dia la forza di un dialogo coraggioso e innovativo, con il linguaggio della verità e non della doppiezza.
L’Europa è stata luogo di conflitto tra cristiani non solo nella prima e seconda guerra mondiale, ma anche nella crisi dei Balcani alla fine degli anni '90. I cristiani sembrano prigionieri di un passato, che tende a pietrificarli in comportamenti, che sembrano ripetersi nel tempo.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale c’era la guerra fredda e il grande conflitto ideologico politico contro il comunismo e contro l’ateismo. Oggi c’è la Russia cristiana di Putin. È un grandissimo cambiamento di scenario, che dovrebbe pur pesare nella risoluzione della questione Ucraina.
La Nato si riunisce nel Galles e nel grande prato verde davanti al palazzo, in cui avviene l’incontro, si mostrano armi le più raffinate e tecnologicamente qualificate come i discussi F-35: dunque una mostra di tecnologia militare al massimo livello. E Obama predica il potenziamento militare della Nato. Chiede di investire in armi, singolare destino di un presidente che tutti avevano pensato pacifista. E le armi, che si comprano, si usano. E qualcuno anche a casa nostra compra e vende armi.
Come sempre, le armi si sostituiscono al vuoto della politica. E i cristiani? E le chiese? Ci possiamo contentare degli F-35? Papa Francesco ci indica un’altra strada: la preghiera, le vittime e il dialogo e la riconciliazione. La preghiera come fonte della signoria di Dio. Le vittime come i veri maestri della pace. Il dialogo e la riconciliazione come i contenuti di una politica coraggiosa e innovativa della pace: è qui il vero realismo del vangelo e della politica si toccano.
C’è un ecumenismo della pace, a cui dobbiamo lavorare senza sosta. Un ecumenismo, che intercede e che si interpone. Papa Francesco, il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo e il patriarca di Mosca Kyril devono indicare il nuovo sentiero di Isaia con parole e gesti condivisi e di pace. Il tempo davvero si è fatto breve. La pace urge in Europa e nel Mediterraneo. I cristiani non possono vergognarsi del Vangelo, che proclama beati i pacifici, i facitori di pace.