I cristiani di Papa Francesco
Maria non è certo una giovane da notti brave e i suoi 65 anni ci sono tutti eppure è dalle sei del mattino che è in piazza san Pietro. Ha viaggiato di notte dalla Brianza per non perdere il primo incontro di papa Francesco con i movimenti e le nuove comunità ecclesiali. Sono le 13, il sole picchia ma lei ed altre quattro amiche recitano il rosario incuranti della folla assiepata alle spalle che si infittisce attimo dopo attimo. Ci sono poi i 60 brasiliani del movimento Shalom, arrivati da Fortaleza con bandiere e striscioni festosi che dispensano allegria e canzoni, senza alcuno strumento. Sfilano cartelli con siglate tante città italiane: Nola, Piacenza, Taranto, Palermo. Maria prega e si prepara alla veglia di Pentecoste.
I dati parlano di 200mila presenze e lo stesso monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione, nel suo saluto conferma che si sono varcati i confini dello stato vaticano guardando una via della Conciliazione stracolma di gente. “Il cammino al vero è un’esperienza” è la scritta sulla maglietta di David, studente di ingegneria a Pisa che di ore di attesa ne ha solo quattro. «Questo è un periodo teso, difficile. Basta guardare agli omicidi e ai suicidi di questi giorni, ma in questa piazza sono certo che il Papa ci darà un messaggio di speranza o meglio Dio ci ha condotti qui per dare risposta a queste inquietudini che ci portiamo dentro». Conferma queste parole Renato suo vicino, accovacciato sugli scomodi sanpietrini antistanti il colonnato.
Non si aspettano certo messaggeri celesti o soluzioni a buon mercato queste famiglie e questi giovani: si sono incamminati per Roma per testimoniare che «Dio non frega», come dicono dal palco Francesco e Miriam, italiani, sposati da meno di 18 mesi che nel Cammino neocatecumenale, una delle 150 realtà ecclesiali presenti, hanno scoperto la fede e l’hanno vista vissuta dalle loro famiglie d’origine, missionarie con figli al seguito nelle Filippine. Sul sagrato c’è anche Isomar del Brasile, abbandonato dal padre ancora in fasce, che per poter garantire la sopravvivenza, a sé e ai fratelli, ha fatto l’ambulante e il muratore, ma che ha scelto il perdono e non la vendetta grazie all’incontro con i Focolari. E ancora Betty e Alfonso che firmata la separazione si ritrovano e ricompongo la famiglia dopo un percorso di fede con il Rinnovamento nello spirito. I poveri e il riscatto sociale, il degrado dell’alcol e la rinascita, la fedeltà a Cristo e alla fede di Paul Bhatti nonostante il martirio del fratello, il ministro pakistano Shahbaz Bhatti: le risposte alle inquietudini di David e di tanti arrivano anche da questi compagni di pellegrinaggio che hanno scelto il vangelo come bussola delle loro esistenze.
Papa Francesco ne è consapevole e rilancia su questo fronte le sfide forti dei suoi primi 60 giorni di pontificato. Ribadisce il valore dell’incontro con Cristo e della testimonianza. Lo fa con tanti episodi personali che mostrano il lato privato di Bergoglio: la nonna paterna sua prima catechista, l’incontro con un sacerdote decisivo per la sua vocazione, gli incontri nel confessionale e le domande sui poveri ai suoi fedeli argentini, la sua nuova vita in Vaticano. Con la semplicità e l’umiltà che la piazza apprezza, ma anche con l’autorevolezza che lo contraddistingue, richiama i cristiani e non tanto i movimenti – anzi non pronuncia mai questa parola – a farsi strumenti di incontro con Dio per chi cerca, ad uscire verso le periferie dell’esistenza, a dare testimonianza di una Chiesa non ong o movimento politico o malata per la chiusura. Invita a toccare la carne di Cristo nei poveri, in chi perde il lavoro e a non preoccuparsi solo di crisi economica e di borsa ma delle persone, dell’assenza di etica causa di sofferenza per l’umanità.
I duecentomila lo ascoltano in piedi, in silenzio, raccolti come davanti un brano di Vangelo: quello raccontato da questo papa percorre la storia del XXI secolo, entra nella quotidianità della gente, non risparmia il martirio ma vi contrappone mitezza, coraggio, fedeltà.
«Il suo discorso ha fatto bene al cuore», ha commentato Maria Emmaus Voce – presidente del Movimento dei Focolari. «Ha sottolineato la dimensione spirituale del cristiano: la preghiera, l’incontro con Gesù che avviene attraverso le persone, nelle periferie, fuori. Ha bocciato i ragionamenti, le strategie a tavolino, senza ignorare le sfide. Bisogna guardare a Gesù e tutto il resto è conseguenza». La presidente dei Focolari ha voluto sottolineare anche l’atmosfera di amicizia e di gioia tra i vari fondatori e rappresentati di comunità e movimenti: penso che il papa abbia sentito questo cuore gioioso della Chiesa, ha concluso. Mentre Giancarlo Faletti, co-presidente del Movimento ha sottolineato che il papa ha indicato nell’amore a Gesù e al prossimo la dinamica di vita di chi sa guardare fuori. Ci ha guardati non come un particolare della chiesa ma come cristiani, aveva davanti a sé la cristianità.
Uscendo dalla piazza risuonano tra i pellegrini le parole rischio, coraggio, fede. «Il papa ha una visione grande e mi ha fatto riflettere su come mi sto giocando la mia vita e sulle scelte sto facendo» commenta Lisetta di Ferrara mentre spinge la carrozzina con la sua bimba.
Emanuele di Civitanova Marche è uno delle centinaia di volontari che hanno tentato di gestire al meglio il servizio d’ordine: «E’ stato impegnativo, soprattutto quando si è annunciata la chiusura della piazza. C’è stata un po’ di tensione, perché nessuno voleva mancare all’appuntamento con questo papa battagliero, ma è bello vedere una chiesa che sa accogliere sempre». Mario di Milano ed Eloisa di Reggio Emilia sono unanimi: « Le sue parole ci hanno infuocati. E’ stato incisivo, provocante e provocatore. Ora dipende da noi. Possiamo scegliere di fare la storia o meno». A sentire i tanti echi e a guardare i volti stanchi ma ancora intrepidi si direbbe proprio che qui non c’è crisi di fede e che Bergoglio ha vinto il primo round nella sfida contro la mondanità spirituale e una chiesa impaurita e chiusa.