I costi sociali dell’Ebola

L’epidemia è stata dichiarata sconfitta in Sierra Leone, Guinea e Liberia. Cosa hanno vissuto in questi mesi i contagiati e chi ha visto morire i parenti? Come hanno reagito i governi e la popolazione? Dal nostro corrispondente dall’Africa. L’approfondimento continua sul mensile Città Nuova con “Ripartire dopo l’Ebola”
I costi sociali dell’Ebola

Ebola, la malattia virale, letale per circa il 90% dei pazienti colpiti, è stata sconfitta. L’epidemia nell’Africa dell’Ovest – la più grave dal 1976 – ha causato più di 11.300 morti. Bilancio sottostimato rispetto alla sua reale portata anche dalle statistiche ufficiali dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Il nome di questa febbre emorragica scatenata da un virus trasmesso per contatto con sangue o fluidi corporei prende il nome dal villaggio congolese, Ebola, dove per la prima volta venne diagnosticata, nel 1976 (anno in cui l’epidemia fece la sua comparsa anche in Sudan). L’ultima epidemia è partita dalla Guinea, dove è stata dichiarata nel dicembre 2013 e sempre a dicembre, ma a distanza di due anni, ne è stata dichiarata la fine dopo due periodi di 21 giorni ciascuno (tempo di incubazione del virus) in cui non è stato diagnosticato alcun nuovo caso e i test nei pazienti guariti sono risultati negativi.

 

Prudenza dell’Oms Assieme alla Guinea, anche Liberia e Sierra Leone sono fuori dall’Ebola, ma l’Oms ha dichiarato “che il suo lavoro non è ancora terminato” ed è possibile che ci sia l’insorgenza di alcuni focolai soprattutto perché dopo i picchi di pericolo sono riapparse certe pratiche a rischio, come non lavarsi le mani nei luoghi pubblici o rifiutarsi di fare test diagnostici sui corpi dei defunti. A ciò si aggiunge la mancata denuncia di casi di malattie febbrili. La guardia resta alta, insomma, anche perché il virus può sopravvivere in certi individui, e trasmettersi attraverso lo sperma, fino a nove mesi dopo la guarigione.

 

Le autorità locali ormai sono meglio preparate La cura dei malati di Ebola è molto migliorata grazie all’utilizzo di nuovi farmaci e alle trasfusioni intravenose che aumentano le chances di sopravvivenza. Medici senza frontiere ha constatato che l’utilizzo di un farmaco usato di solito contro il paludismo, contenente amodiaquina, ha ridotto la mortalità del 31%. A ciò si aggiunge un cocktail di anticorpi finanziati dal governo americano in collaborazione con le autorità sanitarie canadesi.

 

La popolazione  porta i segni La gente dei paesi colpiti da Ebola è divisa tra due sentimenti: paura e speranza. Tanti dei sopravvissuti oltre alle conseguenze fisiche fanno i conti con problemi psicologici e in tanti si sentono in colpa per essere sopravvissuti, mentre le comunità li emarginano per rischi di nuovi contagi.

 

Impatto sulla sanità 

Molti ospedali durante l’emergenza sono stati chiusi o completamente dedicati ai malati di ebola. E le cure di pazienti che soffrivano di altre patologie sono state messe da parte. I bambini non sono più stati vaccinati e tante donne hanno partorito senza assistenza medica. Il costo dei medicinali poi non cessa di aumentare e le famiglie spesso sono obbligate a praticare l’automedicazione. Ai malati per il virus si sono aggiunti quelli che lo sono diventati per mancata assenza sanitaria e di medicinali. A ciò si aggiungono le discriminazioni: i bambini con disabilità sono rinchiusi in casa per la paura di contrarre la malattia, e sono socialmente isolati.

 

Impatto sui bambini  Più di 16.600 bambini sono rimasti orfani e sono esposti al rischio di violenza sessuale o, come succede per le ragazze di restare incinte precocemente, con gravidanze non desiderate, in tutti e tre i paesi, mentre in tanti sono costretti a lavorare perchè orfani.

Dall’estate 2014 tutte le scuole sono rimaste chiuse e cinque milioni di bambini sono rimasti senza istruzione per mesi e mesi. Molti hanno continuato a studiare, chiusi in casa, grazie alla radio che diffondeva programmi creati dai loro professori. Ma le pile costano care e l’assistenza di molti genitori è stata limitata anche a causa del diffuso analfabetismo. Le scuole hanno riaperto a partire dal mese di febbraio ma  molte famiglie non avevano abbastanza denaro per poter inviare i loro figli a scuola. Un problema non indifferente è stato quello delle ragazze orfane vittime di violenza e precocemente incinte che hanno abbandonato gli studi.

Certo, le sofferenze causate dall’Ebola nei paesi colpiti sono state enormi sia sul piano sociale che sul piano economico ma i governi sono determinati a non abbassare la guardia e a riprendere in mano la vita dei loro popoli.

L’approfondimento continua sul mensile Città nuova con “Ripartire dopo l’Ebola”.

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