I conclavi nella storia
«Si ordini vescovo colui che è stato scelto da tutto il popolo». Nei primissimi secoli del cristianesimo il vescovo era scelto da tutta la comunità locale. Era confermato, con l’imposizione delle mani, da parte di altri vescovi che, a loro volta, agivano con il consenso di tutti. Tale pratica, riconosciuta nel 215 nel libro La tradizione apostolica di Ippolito, conferma una pratica che era stata stabilita da almeno un secolo. «Da quando cioè ‒ spiega Ambrogio Piazzoni nel libro Storia delle elezioni pontificie ‒ si era affermato quello che si usa definire l’episcopato monarchico», che aveva sostituito la tradizione «più antica, di un collegio di presbiteri».
Il processo di strutturazione della Chiesa variava da luogo a luogo e si realizzava in tempi diversi. La Lettera di Clemente, il più antico documento scritto da Clemente, vescovo di Roma, ai Corinti nell’ultima decade del primo secolo evidenzia due aspetti molto interessanti. «L’autore ‒ prosegue Ambrogio Piazzoni ‒ sembra essere il portavoce di una struttura collegiale che, insieme, governava la città», piuttosto che sotto l’autorità di un vescovo. «E l’esistenza ‒ spiega Ambrogio Piazzoni ‒ di un collegio presbiterale a capo della chiesa romana, ancora nei primi secoli del II secolo, sembra essere confermata anche in altri testi».
E tutto ciò nonostante già da allora la Chiesa di Roma si esprimeva con autorità, come nessuna altra Chiesa poteva permettersi perché ha già una posizione di preminenza e con una funzione arbitrale e di riconciliazione che «dalla lettera di Clemente appare come già pacificamente detenuta». Alla fine del II secolo la chiesa romana godeva, insomma, di una particolare considerazione, «di uno speciale rilievo, religioso e spirituale». Ed era dovuto al fatto che Pietro, il primo papa, scelto direttamente da Gesù, aveva predicato e dato la sua testimonianza fino alla morte avvenuta a Roma tra il 64 e il 67.
La trasmissione, dunque, della sana dottrina, come fu tramandata dagli apostoli, nasce dalla necessità di aderire alle origini e di individuare quale fosse la vera dottrina evangelica. E, per convinzione di un cristiano orientale di nome Egesippo, si stabilì che la verità dell’insegnamento potesse trovarsi solo nella interrotta serie dei vescovi a partire dagli apostoli e, in particolare, sulla lista completa della successione dei responsabili della Chiesa dei Roma a partire da Pietro. I papi garantivano la sicurezza della tradizione nella trasmissione del messaggio evangelico e il primato nella teologia e nella disciplina.
Siamo attorno all’anno 180. E anche il papa, come vescovo di Roma, era anch’esso scelto da tutti i cristiani della comunità e la consacrazione da parte dei vescovi confinanti. Non si sa nulla di come avveniva, di che tipo di maggioranze erano necessarie, o se ci doveva essere l’unanimità. Ciò che è certo è che il vescovo di Roma era eletto come tutti gli altri vescovi.
Con l’avvento, poi, dell’Imperatore Costantino e il suo celebre editto del 313, in cui si ammetteva la possibilità di professare pubblicamente la religione cristiana, il potere politico «era divenuto un elemento importante e cruciale nella vita della Chiesa», tanto che il che il Concilio ecumenico di Nicea fu convocato da Costantino. La conseguenza fu che l’integrazione della Chiesa nelle struttura dello Stato ebbe ripercussioni dirette anche nell’elezione del vescovo di Roma. La più lunga sede vacante della storia è di questo periodo storico. Dopo il papa Marcellino, morto nel 304, fu eletto Marcello I, anche se non si conosce esattamente l’anno dell’elezione, tra il 306 e il 308. Se fosse accaduta dopo il luglio 307 si sarebbe trattato della più lunga sede vacante.
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