I cetnici, il pugno e i mineros

Novità dal pianeta a forma di schermo. Ovvero come navigare in un fiume d’immagini che ci assale e ci affascina.
Minatori Cile

Bisogna anche oggi continuare a parlare di schermi, quelli televisivi, telefonici o di Internet. Pomeriggio, serata e nottata sono stati estremamente ricchi di avvenimenti e di spunti di riflessione al riguardo.

 

Si comincia con la vicenda della giovane infermiera rumena in fin di vita a causa di un pugno in pieno volto ricevuta da un balordo alla stazione Anagnina della metropolitana romana, dopo un diverbio per futili motivi: il filmato ripreso dalle telecamere a circuito chiuso poche ore più tardi erano già state diffuse (perché? da chi?). E via con le zoomate, coi rallentatori, con l’analisi delle immagini da parte di valenti esperti: qui arrivano dal bar, ecco il diverbio, poi il pugno, notate la ragazza come sbatte la testa, il sangue che esce, i passanti che non si fermano, il fermo dell’aggressore…

 

Si continua con la telecronaca in diretta della violentissima protesta inscenata dai tifosi serbi allo stadio Marassi di Genova: i “cetnici” contro la loro squadra, contro i traditori del Partizan, contro il governo, contro il portiere serbo, contro la partita, contro il mondo intero, contro… Fumogeni, tatuaggi, caschi, arbitri e funzionari dell’Uefa che si sbracciano, tutti che telefonano – chissà, forse alla moglie o alla mamma, o al questore –, giocatori smarriti, Cassano che abbraccia Stankovic, sei minuti di partita e poi tutti a casa.

 

E si finisce con le immagini del primo mineros che esce dopo 77 giorni dalla “sacca di sopravvivenza” della miniera cilena nella quale s’erano rifugiati 33 lavoratori sopravvissuti al crollo di gran parte della loro miniera di San José. In attesa che i protagonisti, protagonisti del reality più incredibile degli ultimi anni, si sparpaglino tra le varie trasmissione tv che li hanno scritturati, parenti interposti.

 

Siamo nella civiltà dell’immagine, e dell’immagine riprodotta all’infinito, che lo vogliamo o no. Come scrivevo ieri, le straordinarie potenzialità di questi mezzi di entrare nelle nostre coscienze si evidenziano sempre più, imponendoci il dovere umano e civico, direi pure democratico, di chiederci dove sia rimasta la nostra libertà di non “bere” senza criterio tutto quello che ci viene propinato. Il dito indice della mano destra (o sinistra per i mancini) è sempre più il simbolo della nostra possibilità di scegliere dove situarci nell’universo massmediatico e nella nostra vita sociale, per scegliere cosa vedere e cosa non vedere.

 

Usiamo questo dono del Creatore, il dito indice, per non perdere la nostra anima. Perché strumenti che mettono sullo stesso piano avvenimenti tanto diversi, che li ingigantiscono per aumentare l’audience e quindi gli introiti pubblicitari, che ci strappano ad altre attività molto più utili che potremmo svolgere, che ci attirano evidenziando gli aspetti più emotivi della nostra vita possono realmente “rubarci l’anima”.

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