I cento Caravaggio
Caravaggio continua a far discutere. Questa volta si parla di 1378 disegni della bottega di Simone Peterzano, il maestro milanese di cui per quattro anni Michelangelo fu allievo. Un apprendistato di cui finora rimane nulla, anche perché Caravaggio a quanto pare non disegnava, a differenza di Simone, ottimo sotto questo aspetto. Ma è davvero possibile che un genio come Michelangelo non disegnasse? Anche se nulla è rimasto di lui sotto questo aspetto, il dubbio rimaneva lecito, osservando "la mano” con cui dipingeva.
Ci hanno pensato due studiosi a trovare una risposta: Maurizio Bernardelli Curuz e Adriana Conconi Ferdigolli, i quali indagando il Fondo Peterzano nel milanese Castello Sforzesco hanno ritrovato un centinaio di disegni attribuibili al genio.
Stupore e divisione fra gli addetti ai lavori. Dubbiosi perché nel caso di Caravaggio il numero di attribuzioni – e di speculazioni mercantili – è molto vasto: Caravaggio “tira”, da ogni lato, non solo culturale. Si sa, i “geni maledetti” piacciono molto e Caravaggio, complici i biografi suoi nemici e i romanzieri d’assalto, gode di questa fama (in verità non proprio “storica”).
Claudio Strinati, esperto del pittore, va cauto e sembra giusto farlo. I due studiosi hanno evidenziato una testa di giovane, un’altra di barbuto e un’altra di adolescente che sembrano poter esser ricondotte a volti poi rappresentati in opere come La cena in Emmaus di Londra, La Giuditta di Palazzo Barberini a Roma, e la Conversione di Saulo della collezione Odescalchi, sempre nella capitale.
In verità, al confronto, l’ipotesi regge. Tuttavia un centinaio di disegni sembra francamente troppo. Per cui, pur dando per probabile che possano esistere autografi di Michelangelo – un genio non nasce dal nulla, avrà pur dovuto apprendere qualcosa – affermare che esista un corpus così vasto sembrerebbe un po’ troppo azzardato. Lo diranno il tempo, le analisi e l’imparzialità di pensiero degli studiosi (qui c’è il vero vespaio…), capaci magari di accettare una scoperta fatta da altri, mentre forse avrebbero voluto farla loro. Così va il mondo della critica d’arte. E non solo.