I cattolici e i migranti
Sappiamo che avrebbe voluto e vuole ancora aprire dei locali vaticani per l'accoglienza degli immigrati, ma ragioni di sicurezza (non solo e non tanto vaticane) e le remore di non pochi abitanti dello Stato vaticano hanno rallentato il progetto. Intanto nell'Angelus invita tutti i cattolici, associati o meno, a far qualcosa per i fratelli e le sorelle che fuggono dalla guerra e dalla miseria.
Cerca così di smascherare un meccanismo mentale che pacifica le coscienze di tanti di noi cattolici, parroci compresi, catechisti compresi, giornalisti compresi: c'è la Caritas che ci pensa, ci sono le associazioni cattoliche che agiscono sul territorio e che sono specializzate nell'accoglienza dei profughi, ci sono i pensionati che possono dare una mano…
È certamente vero che il mondo cattolico fa già tanto, moltissimo per i migranti, spesso come supplenza alle mancanze dello Stato. Ma l'appello del papa è rivolto alle coscienze dei singoli cattolici (ma anche di tutti gli uomini di buona volontà): nel momento dell'emergenza, io debbo implicarmi in prima persona. Io, la mia comunità, il mio giornale, la mia famiglia, la mia parrocchia, la mia associazione.
Un lavoro che servirà certamente ad alleviare sofferenze, ma che sarà anche un atto di grande lungimiranza politica, come ha capito persino Angela Merkel: l’Europa invecchia, l’Europa è incapace di mettere in campo energie giovani, l’Europa ha bisogno di ritrovare la sua vocazione all'apertura altrimenti muore d'asfissia, l’Europa deve riuscire ad agire non solo in Europa ma anche nei luoghi di partenza dell'immigrazione (e non bastano certo le bombe promesse al solito da inglesi e francesi!), l’Europa deve ritrovare la giustizia anche al suo interno (vedi il problema delle "quote" di migranti da attribuire a ogni Paese), giustizia che non esiste veramente se non accompagnata dalla solidarietà e dalla misericordia.