I capi di Stato dell’eurozona davanti ad un bivio
Se sconcerto è la parola che meglio esprime il clima nelle varie istituzioni Ue all’indomani del referendum greco, le posizioni sono comunque assai diverse. La Commissione Ue è possibilista: come membro del gruppo di Bruxelles, l’ex Troika, sa bene che un accordo è tecnicamente possibile, e consiste in un intervento del fondo salva-stati in cambio di un piano di misure serie e credibili, e non l’aria fritta agitata per mesi da Varoufakis. Sa anche che “tecnicamente possibile” non significa però che esista una volontà politica di chiudere.
Nel Consiglio, europeo e dei ministri, il clima è cupo. Come la Grecia, molti stati Ue devono fare i conti con i propri elettori, ed in alcuni paesi – lunedì i Paesi Bassi – i governi parlano ormai di lasciare la Grecia al suo destino.
Il 7 luglio si riunisce l’eurogruppo all’una e poi i capi di stato dell’eurozona alle 18. Un Tsipras ringalluzzito si troverà di fronte partner agguerriti, che aspettano intenzioni concrete e serie dalla Grecia, dopo che le proposte europee si sono scontrate con il “no” del referendum.
Il Parlamento europeo è fuori dai giochi. Se ne parla in questi giorni per le polemiche suscitate dall’uscita di Martin Schulz, il presidente socialdemocratico, contro Tsipras e il referendum. Per il resto, come tutti noi cittadini, sta a guardare quello che decideranno i governi della zona euro.