I Borgia e il fascino della leggenda nera
Una famiglia al centro di intrighi di palazzo, giochi di potere, scandali di corte. Una vicenda ambientata nella seconda metà del XV secolo, epoca strepitosa della storia dell’Occidente, caratterizzata da una straordinaria fioritura artistica, letteraria e scientifica. Film, opere d’arte e romanzi hanno contribuito a creare l’immagine dei Borgia come di una casata protagonista di una storia di sangue e passione.
Ma quanto c’è di vero nella leggenda? Mario Dal Bello, nelle pagine de La leggenda nera. I Borgia – con la quale si inaugura la collana Misteri svelati di Città Nuova – fa luce sulle ombre e sui misteri di una famiglia che ancora oggi appassiona. Un racconto di taglio divulgativo, ma scientificamente fondato. Anticipiamo qui per i lettori di Città Nuova l’inizio del romanzo che sia apre con la morte di Lucrezia.
«Medelana, presso Ferrara, 22 giugno 1519.
In una stanza del Palazzo Ducale, nel letto sormontato da un pesante baldacchino, giace una figura minuta e
smagrita. Sta molto male. I medici, per calmarle i dolori di testa, le hanno rasato i bellissimi capelli biondi, per cui andava tanto famosa. Il naso le sanguina.
È Lucrezia Borgia, da quattordici anni duchessa d’Este, moglie del duca Alfonso. La donna ha partorito da qualche giorno una bambina di sette mesi, così debole che l’hanno battezzata subito Isabella Maria. Un parto tormentato che ha lasciato la madre sfinita e con il presentimento della morte: come tutti i suoi fratelli, anche lei, Lucrezia, la figlia di papa Alessandro VI, sarebbe morta giovane.
Solo un mese prima aveva spedito una lettera a papa Leone X: chiedeva preghiere e benedizioni. Le sue sette
gravidanze erano state pericolose, difficili. Sotto le frasi devote ed eleganti, il pontefice fiorentino, che la conosceva dalla giovinezza, aveva intuito l’angoscia. «Ah, la è gravida?», aveva esordito. E aveva tracciato nell’aria un gran gesto di benedizione, dicendo: «Ne piace, Dio la conservi».
Poi, erano cominciati i dolori del parto, la nascita della piccola, la febbre. Aveva fatto testamento. Si era confessata e comunicata, da terziaria francescana quale era. Resisteva, però: non voleva morire. Con uno sforzo enorme,quella sera, il 22 giugno, mentre il sole infuocava i campi di grano intorno, Lucrezia aveva chiesto un brodo ristretto.
Era tranquilla, pareva aver imboccato la via della guarigione. Così, almeno, sembrava ai medici che le stavano accanto. Invece, il giorno dopo era cominciata l’agonia. Due giorni ancora, Lucrezia andava calmandosi. Poi, la fine, il 24. Le sue ultime parole: «Sono di Dio per sempre». Alfonso, il duro soldato che l’aveva sposata in un matrimonio politico, era distrutto. Non ci voleva credere. Era riuscita lei, la Borgia, a farsi voler bene. Da lui e da tutta Ferrara.
Questa la conclusione dell’avventura di Lucrezia. Quella vera.
Ma non era lei l’avvelenatrice, l’incestuosa, la lussuriosa delle cronache quattrocentesche del notaio romano Stefano Infessura e dei suoi amici, o dei racconti del cerimoniere pontificio Giovanni Burcardo, degli storici Machiavelli, Guicciardini, dei poeti Sannazaro e Pontano, avversari implacabili dei Borgia?
Lo scopriremo in questo viaggio nella leggenda nera dei Borgia, una famiglia che da cinque secoli infuoca la storia».