I bambini sono un affare
Sono attualmente 87 i canali televisivi al mondo interamente dedicati ai bambini. Il riflesso economico di tale diffusione sta assumendo proporzioni enormi: solo negli Usa sono 12 i miliardi di dollari investiti nel 2001 in pubblicità rivolta ai piccoli, con un ritorno sugli acquisti pari a 500 miliardi di dollari l’anno. Se si stima che la televisione abbia raggiunto ormai il 70 per cento delle famiglie del globo, si comprende come le compagnie multinazionali produttrici d’intrattenimento elettronico (oltre alle tv, i video giochi e i computer) vadano affinando ogni giorno le loro strategie. Queste strutture – che non producono evidentemente solo divertimento, ma visioni della vita, veicolando ruoli sociali, stile e valori – debbono, per parlare ad audience mondiali, trovare nei loro prodotti un linguaggio unico, sufficientemente delocalizzato, con il rischio di creare un’irreversibile omologazione. Non a caso i quattro principali canali mondiali (Cartoon Network, Disney Channel, Fox Kids Network, Nickleodon) possono vantare estensioni planetarie. Il Censis mette in guardia dall’adottare troppo semplicisticamente solo misure protezionistiche: in molti paesi la produzione autoctona è ai primi passi e di scarsa qualità. Il problema dei diritti dei minori si pone su due piani: uno è quello dell’accesso, dove sono evidenti le disparità nord-sud ed est-ovest. L’altro è quello dei contenuti: mentre nel nord Europa le strategie d’offerta sono abbastanza attente, nell’est europeo sono massicce le importazioni di prodotti scadenti ad alto tasso di violenza, nell’America Latina i prodotti buoni sono quasi solo sulle pay tv, in India e Cina i programmi per bambini sono solo d’importazione, negli Usa vincono i prodotti giapponesi scartati nel paese del Sol levante. Un’isola felice, in tutti sensi, è l’Australia, che persegue una politica di sostegno alla qualità. Occorre chiedersi quale sia il senso ed il ruolo che noi adulti attribuiamo ai media nelle vita dei nostri figli. Le strategie da perseguire sono d’ordine politico. Non bastano “bollini” sui programmi o fasce orarie protette: sono necessari una rilevazione qualitativa delle reazioni del pubblico, un rafforzamento delle capacità critiche del bambino con forme d’educazione ai media, un sostegno alla produzione di qualità, un rafforzamento dei codici d’autoregolamentazione. In edicola “Vita”, uno stile di vita È l’unico settimanale europeo esclusivamente dedicato al volontariato ed al non profit. Tra le spesucce del sabato, due euro li merita la rivista diretta da Riccardo Bonacina. Oltre trenta fra le maggiori associazioni di volontariato in Italia fanno direttamente parte del comitato editoriale. L’attualità della settimana, l’inserto su etica e finanza, la rubrica “cercooffro lavoro” nel non profit, l’inserto mensile “socialjob” per chi lavora in questo settore, sono i punti di forza del settimanale. Vita è disponibile on-line (http://web.vita.it), anche come prezioso portale del non profit. Bonacina e Meroni curano inoltre la trasmissione radiofonica Senza fine di lucro, in onda ogni domenica mattina alle 9 su Radio24. La testata pubblica periodicamente quaderni di approfondimento e guide al volontariato. Vita conta oggi 25 mila lettori ed un consenso crescente. Internet Serie A e serie B Internet, strumento principe per trasformare il mondo in un villaggio globale, rischia di divenire fonte di discriminazione sociale, e non solo perché vi ha accesso solo poco più un miliardo di utenti al mondo. L’ultimo a lanciare l’allarme è Ignacio Ramonet, direttore di Le Monde Diplomatique. Denunciando i rischi di un sempre maggiore squilibrio nell’accesso alle notizie, egli ha lamentato la tendenza a creare un doppio binario in Internet: uno completamente gratuito e quindi aperto a tutti, il cui obiettivo sarebbe, egli afferma, di “narcotizzare le persone”. Il secondo binario, invece, sarebbe destinato ad una ristrettissima cerchia di dirigenti, intellettuali, politici, banchieri, industriali. Ristretta perché costerebbe moltissimo “molto più di quanto costano oggi i siti a pagamento”. Secondo Ramonet c’è il rischio che le notizie “autentiche ” e più affidabili viaggino soltanto sul canale a pagamento. Quali le sue proposte di soluzione? Creare un “Osservatorio internazionale della comunicazione”.