I bambini del Sud del mondo
Nella scuola materna dei nostri due figli recentemente sono arrivati tre bambini adottati, provenienti da un Paese africano. Due di loro, dopo pochi giorni, si sono assentati perché, ci hanno riferito, erano ancora affetti da malattie prese nella loro terra e dovevano terminare delle cure. Noi siamo per l’integrazione e ben lieti che i nostri ragazzi siano in contatto con tutti e comprendano il valore della differenza di idee, razza, religione, che diventino costruttori di un mondo unito. Ci chiediamo però, con un pizzico di vergogna ma con l’onestà di ammettere la nostra paura, se non ci sia qualche pericolo di contrarre malattie dal contatto con extracomunitari. Lei cosa ne pensa?. Silvia e Luigi – Treviso Iniziamo dal messaggio finale, in modo da spazzare ogni paura: non vi è nessun pericolo per i vostri figli! Cerco di spiegare meglio la mia affermazione. Non vi è alcun dubbio che nei Paesi del sud del mondo, dove vive il 75 per cento della popolazione con solo il 20 per cento delle risorse mondiali, vi siano una serie di malattie da noi di fatto scomparse o rare. L’elenco è lungo e spaventoso, tanto da sembrare inverosimile per noi che ci angosciamo se i ragazzi hanno una febbre influenzale o un’otite: Aids, tubercolosi, malaria, malattie intestinali e della pelle (tanto per citare le più importanti!) colpiscono la gran parte dell’infanzia. Con un criterio selettivo molto netto: più si è poveri e abbandonati più ci si ammala e si muore! L’adozione di questi bimbi, che generosamente tante famiglie fanno, non solo restituisce loro il calore di una famiglia, ma spesso salva la vita. Iniziative di solidarietà mirata, quali le adozioni a distanza, proprio perché agiscono sui determinanti fondamentali delle malattie (povertà e carenze culturali), hanno notevoli effetti positivi, particolarmente sulla salute fisica e sociale dei bambini e delle loro famiglie, cambiando non di rado il destino di interi villaggi! Il problema di malattie acquisibili in Paesi del sud del mondo non riguarda solo l’immigrazione o l’adozione ma anche i flussi di viaggiatori che, per affari o per turismo, rendono la Terra una casa globalmente vissuta, con il conseguente democratico scambio di germi: vedi ad esempio l’esperienza dell’ influenza aviaria di qualche anno fa, che in pochi giorni si diffuse dalla Cina in tutto il mondo! Proprio nel caso citato si è avuto modo di costatare come il dialogo e l’interscambio tra i sistemi sanitari, particolarmente dei Paesi avanzati, siano oggi di grande efficienza e in grado d’intervenire anche su malattie potenzialmente pandemiche (cioè a potenziale rapida diffusione mondiale). Ma indubbiamente si richiede ai medici oggi di essere aggiornati su patologie un tempo tipiche di altre latitudini. Come farlo? Tanti i modi possibili, ma tra tutti vorrei citare un’esperienza che mi ha colpito. L’Ospedale Bambin Gesù di Roma, proprio per favorire il migliore aggiornamento del proprio personale su malattie da noi rare, ma senz’altro anche in ragione dei valori etici e di sensibilità sociale della sua dirigenza, ha aperto un laboratorio d’analisi a Dodoma (Tanzania), nel centro di accoglienza per bambini affetti da Aids denominato Villaggio della Speranza. Il personale tecnico e laureato del Bambin Gesù, in maniera volontaria e a turno, può scegliere di andare a timbrare il cartellino in questo laboratorio in Tanzania invece che nella sede centrale del Gianicolo, alternando servizio tecnico sul posto (analisi di laboratorio e cura dei bimbi) a quello didattico di formazione del personale indigeno, per renderlo autonomo. A distanza di tre anni dall’inizio di quest’esperienza i risultati sono tali che la gente del posto ha cambiato il nome al villaggio, e ora lo chiamano Villaggio del miracolo. Torniamo al caso che esponete. È possibile che un bambino adottato o anche immigrato sia ammalato di patologie in Italia non diffuse, ma il sistema di prevenzione (diffusione delle coperture vaccinali) e dell’assistenza pediatrica (gratuita per tutti, anche per chi non avesse il permesso di soggiorno!) è tale da garantire che, lì dove un bambino fosse affetto da qualche malattia infettiva, sarebbe tempestivamente curato.