I 67 minuti di Mandela

«Si ottiene di più con un atto di misericordia che con tanti atti di punizione», soleva ripetere il leader sudafricano a cui oggi statisti di tutto il mondo tributano la loro riconoscenza. Madiba ha fatto di molte tribù e molte lingue un solo Paese, ridando valore al tempo speso per chi ha bisogno
Stadio di Johannesburg

Si mescolano i ricordi di chi in Sudafrica c’è nato con quelli di chi vi ha vissuto per oltre dieci anni. Eliana e Maria dall’Italia rendono il loro tributo a Nelson Mandela, mentre leader di tutto il mondo, da Raul Castro a Barack Obama, ricordano nello stadio di Johannesburg la figura di questo statista e il suo metodo di governo.

«Mi sono accorta di essere bianca solo da grande, quando arrivata a scuola ho visto che nella mia classe non c’era nessuno di colore – Eliana, nata in Sudafrica, ricorda così il primo impatto con l’apartheid –. Tanti dei miei amici vicini al Movimento dei Focolari erano neri e non avevo mai sperimentato alcuna forma di razzismo. Poi nel 1994 mi sono trovata a votare. Ricordo la gioia di vedere per la prima volta un Paese che viveva sul serio insieme, tutti liberi, e questo grazie a Mandela». La sua famiglia da Johannesburg la tiene costantemente aggiornata su quanto si sta vivendo, sugli arrivi delle personalità, sulle code interminabili fuori dallo stadio. «È stato persino aperto un canale televisivo per lui, Madiba Channel».

«Quando nel 2002 sono arrivata in Sudafrica mi sono immediatamente imbattuta in una figura di statista che a parer mio non ha eguali». Maria ha viaggiato in lungo e in largo e ha constatato con i suoi occhi il potere della non violenza, «capace di immettere nei cuori anche la non vendetta». Mandela avrebbe avuto tutte le ragioni per reagire con la violenza alla morte di un figlio, a una lunga prigionia, ai soprusi ingiusti verso il suo popolo, e invece a un Paese straziato da un sanguinoso braccio di ferro sui diritti ha offerto il cambiamento senza guerre civili.

«Il giorno della sua morte – continua Maria – mi è tornata in mente una delle sue frasi più famose: “Si ottiene di più con un atto di misericordia che con tanti atti di punizione” e questo la dice lunga sulla sua scelta politica e di governo».

Dopo gli 85 anni, nel giorno del suo compleanno, Mandela inviava sempre un messaggio attraverso la sua fondazione, un saluto che via radio raggiungeva tutti i villaggi e non solo le grandi città. «Era una festa grandissima. La gente scendeva in strada, si facevano tanti striscioni con il nome di Madiba. Io ricordo ancora le sue parole mentre diceva: “Se volete farmi un dono in questo giorno guardatevi intorno e vedete chi ha bisogno di un vostro aiuto. Offritegli 67 minuti del vostro tempo”. Un giornalista gli ha chiesto il perché dei 67 minuti. E Madiba di rimando: "Perché se trascorrete con una persona più di un’ora, dopo avrete voglia di offrirgli la vostra giornata"». La sua credibilità e la stima di tutti lo facevano riconoscere sul serio come emblema e «si obbediva a qualsiasi delle sue parole anche se erano offerte come consiglio».

Nella memoria di Maria sono incancellabili le scene degli automobilisti che quel giorno si fermavano ai semafori ad offrire doni agli anziani, agli immigrati, agli alcolizzati e tanti erano bianchi, assistiti da neri. Questo appello veniva accolto da tutti e veniva vissuto senza sconti, proprio per l’autorità morale di Mandela, che in quel momento non ricopriva alcuna carica istituzionale. «Non ho mai sentito uno statista dire: non fate un dono a me ma fatelo a chi soffre». In lui, la sofferenza e la prigionia avevano radicato la consapevolezza che l’offesa arrecata a un uomo offende non chi la riceve ma chi la fa e che non aver misericordia dell’altro penalizza sé stessi.

Pur provenendo da una regione molto povera del Sudafrica, il Tanscai, Mandela non l’ha mai privilegiata a discapito di altre, «mancano ancora infrastrutture più poderose nel ramo idro-elettrico», ricorda Maria. Nato nella tribù Xhosa, si è trovato ad amministrare un Paese fatto di bianchi, neri, meticci, indiani, con nove lingue parlate, e non ha mai fomentato la vendetta, anzi aprendo il cuore a tutti ha conquistato la nazione, facendola diventare la nazione arcobaleno, da qui l’iride stilizzata nella bandiera che ne vuole ricordare tutti i componenti».

Sia Eliana che Maria concludono con un augurio: «Continuare sulla sua scia», è il primo; «Non tradire la sua autorità e mantenerla perché il Sudafrica possa essere una gloria e un vanto del continente africano». Chissà se il metodo politico di Mandela non diventi anche nella nostra Europa in cerca di leadership un modello, non solo da studiare nelle aule universitarie, ma quotidiano.

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