L’Honduras e la nuova presidente Xiomara Castro
Che in una democrazia ci sia “puzza di marcio”, come Amleto denunciava in Danimarca, tra tanti segnali lo rivela la mancanza di indipendenza del potere giudiziario. Molti giudici argentini sono noti per la docilità con la quale mettono sotto chiave cause che altrove avanzerebbero rapidamente. Basta vedere l’ultimo proscioglimento della vicepresidente Cristina de Kirchner da un’accusa per corruzione nonostante la marea di documenti che dimostrassero la necessità di iniziare nella fase processuale. Si vedrà se la Corte d’appello confermerà la decisione del giudice.
In Bolivia, Evo Morales ottenne la benedizione dei giudici costituzionali per la sua ennesima rielezione, nonostante la costituzione lo impedisse. I magistrati tirarono fuori un improbabile diritto umano alla rielezione. Quando studiavo legge, ho visto bocciare studenti per molto meno. Sappiamo poi che le cose finirono abbastanza male per Morales, con un pasticciaccio al quale contribuirono tanti, sia a destra che a sinistra, che i militari.
A gennaio concluderà il suo mandato il presidente dell’Honduras, Juan Orlando Hernández, anche lui dopo essere stato otto anni al potere, rieletto grazie alla cortese interpretazione “ad hoc” della Costituzione che lo impediva da parte della Corte Suprema. La presenza di Hernández sulla poltrona presidenziale è sempre più scomoda per Washington, che in Honduras si muove come a casa propria. Suo fratello è stato condannato all’ergastolo negli Stati Uniti per narcotraffico e, sebbene non incriminato (o non ancora), il presidente è sotto indagine da parte dei procuratori nordamericani.
Ma non è l’unica accusa contro di lui e la lista non è breve: violazioni dei diritti umani ed eccessivo uso della violenza da parte delle forze di sicurezza, le statistiche sugli omicidi sono manipolate per non impensierire la Casa Bianca, anche se siamo nel Paese con il tasso di assassinii tra il più elevato al mondo –l’Honduras, insieme a Guatemala ed El Salvador fa parte del triangolo critico della regione più violenta-. Tra i casi rimasti impuniti, quello dell’ambientalista Berta Cáceres, e con lei vari altri scomodi oppositori agli interessi di potenti gruppi industriali che hanno violato trattati firmati dal governo nel 2011 ed un trattato dell’ONU calpestando i diritti delle comunità indigene. Anche la stampa non è stata lasciata in pace, come la protesta civile. La sua rielezione, nel 2017 ha sollevato non pochi dubbi. Hernández mise a tacere le proteste dichiarando lo stato d’emergenza e la legge marziale. La polizia sparò contro i manifestanti uccidendone una dozzina, ma la colpa venne affibbiata all’opposizione.
La lunga parentesi della sua gestione si conclude dopo che a fine novembre Xiomara Castro ha vinto le elezioni, grazie a una votazione storica, stando ai dati, una settimana dopo la chiusura delle urne, del 63% dei voti scrutati. Ma ormai nessuno attende più i dati ufficiali, anche il suo principale avversario ha ammesso la sconfitta da parte di questa donna alla testa di una coalizione di sinistra. Castro ha stravinto con più della metà dei voti e, pare, sarà la presidente più votata nella storia del Paese. È moglie di Manuel Zelaya, presidente spodestato nel 2009 da un golpe dei militari che lo mandarono all’estero in pigiama. Curiosamente, Zelaya –anche lui di sinistra- stava per promuovere un referendum aprendo la possibilità di una rielezione. È molto probabile che la presidente eletta non faccia parte delle preferenze della Casa Bianca, ma intanto è preferibile a una figura alquanto spregiudicata come Hernández.
Ma perché l’Honduras interessa tanto gli Usa? Certo, non solo per la base militare che consente di essere presenti in una zona di governi di sinistra, Nicaragua ed El Salvador, ma anche per gli interessi commerciali che, se non sono quelli di un tempo, restano cospicui. Ci sono poi altri due fenomeni preoccupanti: l’85% della droga che entra negli Usa passa per l’Honduras e il flusso migratorio, che non cessa: circa un milione di honduregni vive in modo legale o illegale negli Stati Uniti. Pertanto, è possibile che la Casa Bianca mantenga un orecchio aperto con questo Paese di appena dieci milioni di abitanti, appoggiato con importanti sostegni finanziari.
Xiomara Castro avrà il suo da fare per mettere in ordine un Paese di una popolazione nella quale la povertà supera il 70%. E pensare a rendere indipendente la giustizia non dovrebbe essere tra gli ultimi punti della sua agenda. Visti i precedenti.