Ho visto molti ragazzi cambiare

Articolo

“Né il carcere minorile, né l’istituto: la piena rieducazione si può ottenere solo dando affetto, casa e famiglia ai ragazzi in difficoltà”. Ne è convinto questo anziano religioso, che da 25 anni spende la sua vita a favore dei ragazzi incappati nella giustizia, o a rischio di cadervi. Come spesso succede, anche la sua opera ha avuto inizi assai modesti. Il sacerdote, allora molto impegnato in molteplici attività apostoliche, fu invitato un giorno ad andare a visitare il carcere minorile della sua città, Rosario, capoluogo della provincia argentina di Santa Fe. “Inizialmente opposi una certa resistenza, ben sapendo – dice – che quell’esperienza mi avrebbe segnato per sempre. Poi alla fine mi decisi, penso per un disegno della provvidenza “. E così avvenne: padre Sandrián fu in particolare toccato dalla sorte di tre piccoli “furfanti”, così glieli avevano descritti, per di più recidivi.”Li guardai: ma non erano che dei bambini! Erano orfani, e perciò destinati ad un istituto. Non potevo rassegnarmi: quella non mi pareva – prosegue – la soluzione migliore per dei ragazzini già traumatizzati da tante infelici esperienze. Ci voleva per loro una casa, una vita serena, una famiglia: ecco cosa ci voleva”. Fece una regolare domanda di affidamento, che gli fu subito accordata, data la grande fiducia di cui godeva. “Mi ero procurato – dice – una bella grana. E non avevo nemmeno una famiglia da offrire loro. Perciò li portai tutti e tre a vivere con me”. Senza saperlo, aveva gettato le basi della sua nuova opera. Il primo esperimento di convivenza andò infatti così bene che ben presto ricevette la richiesta di farsi carico di altri ragazzi, un po’ più grandi. Venne poi la volta di qualche ragazza… e malgrado le molte esitazioni, era difficile dire di no. Trovò una soluzione anche per loro, dato che iniziò a costituirsi un nucleo di volontari, che si avvicendavano attorno ai ragazzi affidati. “Ciò che però maggiormente occorreva – dice – erano delle famiglie, delle coppie disposte a trasferirsi nelle case abitate dai ragazzi. Iniziai a guardarmi attorno, feci persino qualche annuncio sui giornali… Era senz’altro una proposta impegnativa, dato che si richiedeva a delle famiglie di condividere totalmente la vita di questi ragazzi. Ma un’opera efficace di rieducazione comportava una conoscenza ap- profondita della loro realtà”. Intraprese la formazione di alcune coppie che avevano risposto e che gli parevano idonee. Si costituirono le prime case-famiglia. “Non è raro che abbiano già dei figli – spiega – o che ne abbiano in seguito. Il punto è che si formano queste famiglie allargate, con dieci o più ragazzi tra i figli propri e quelli in affido. Noi offriamo casa e vitto, paghiamo le bollette. I mariti in genere hanno un lavoro fuori, come avviene in qualunque normale famiglia. Naturalmente, non prendiamo famiglie già numerose…”. L’accompagnamento dei ragazzi in difficoltà avviene quindi nel più semplice dei modi: hanno modo di crescere in una famiglia “vera”, dove dai genitori ricevono affetto, attenzioni, rimproveri quando occorre. “Un’équipe di volontari – spiega – segue la parte sociale. Quando è possibile, facciamo in modo che il ragazzo ritorni alla sua famiglia di origine, perché, contemporaneamente, diamo un supporto alla sua famiglia. Se invece non ha famiglia o non vi può ritornare, ne cerchiamo una che lo prenda in affido, anche temporaneo”. I ragazzi vengono infine istradati verso un mestiere. “Qui da noi, si sa, la disoccupazione – dice – è molto forte, e non è facile trovare un lavoro, specie per i ragazzi di strada. Finita la scuola dell’obbligo, per loro non c’è nessuna prospettiva”. Con l’aiuto di tanti amici volontari, padre Sandrián pensa perciò di mettere su delle botteghe artigiane.All’inizio sembrava un’idea azzardata. Ma quando Dio spinge… “Ora – prosegue – abbiamo una falegnameria, un pastificio, un panificio, un laboratorio di elettricità. E, devo dire, gli esiti sono superiori ad ogni previsione: i nostri giovani sono ormai apprezzati dovunque perché ben preparati sia sotto il profilo professionale che umano”. Padre Sandrián – che da decenni partecipa della vita intensa della comunità argentina dei Focolari – non nasconde la gioia, la soddisfazione per i risultati raggiunti. “È grande il cambiamento – dice – che si nota in essi. E meritano una risposta adeguata alle loro giuste esigenze. Non sono piccoli, né cittadini di serie B. Devono essere preparati ad affrontare la vita come tutti gli altri ragazzi, più fortunati di loro”. E quando gli si domanda quale è il segreto, il “trucco” del suo successo educativo su questi ragazzi così difficili, non esita a rispondere che è uno solo: voler loro bene, uno per uno. “In tutti questi anni – prosegue – ho capito che il ragazzo ha un bisogno assoluto di affetto, senza pretendere nulla in cambio. Se si dà amore, prima o poi il ragazzo risponde. Quando gli facciamo una carezza, egli ci mette alla prova, per vedere se realmente gli vogliamo bene. Si sentirà convinto, quando vedrà che ad ogni sua domanda gli si risponde con amore. Dobbiamo dimostrarglielo, perché lui non lo ha mai ricevuto nella sua infanzia. Io poi sono molto meravigliato di una cosa: la maggior parte di questi ragazzi risponde con entusiasmo ai valori religiosi. Il perché non lo so”. Sono davvero tanti i ragazzi aiutati da padre Sandrián in venticinque anni, anche se è difficile precisarne il numero. “Non saprei – conferma -. Non ho mai fatto un’indagine. Ma posso assicurare che ogni ragazzo che passa per le nostre case riceve un timbro profondo. Il punto non è rieducarli, ma dare loro un’esperienza che non hanno mai avuto: amare ed essere amati. Che dopo tornino a cadere o meno, è il rischio della libertà. Ma durante questo tempo ho visto molti ragazzi cambiare, tornare per ringraziare”. Non si direbbe davvero che questo anziano sacerdote, che ormai tutti chiamano “padre”, non abbia avuto dei figli. E quando gli si chiede, infatti, cosa significhi per lui essere “padre”, la sua risposta è di una semplicità disarmante: dice che è “cercare un dialogo con ciascuno, non deluderlo quando ci domanda qualcosa, per banale che ci possa sembrare. Il ragazzo cerca un rapporto personale ed immediato. Una volta mi sono recato in una di queste case-famiglia. Ero preso da tante cose, per cui con fare sbrigativo invito un ragazzo a spiegarsi meglio, perché non avevo tempo da perdere. “E allora, perché è venuto?”, mi risponde. Ho imparato la lezione. Adesso, quando vado a trovarli, mi fermo con loro tutto il tempo che occorre, come se non avessi altro da fare”. Sorride padre Sandrián, seguendo col pensiero, forse, qualche “birichinata” dei suoi ragazzi. I lineamenti del suo volto, segnati dagli anni, conservano ancora qualche tratto da bambino. Viene spontaneo da pensare che i “piccoli” del vangelo hanno la ventura di mettere mano a cose grandi, perché sanno stare al “gioco” della fantasia di un Dio mai avaro in sorprese. E padre Sandrián continua così “a giocare”. Non solo ragazzi Col tempo, l’attività di padre Sandrián si è estesa anche ai ragazzi di strada, agli adulti senza fissa dimora. Il “Crotario”, ad esempio, è un ospizio che accoglie una sessantina di ex barboni. Tra le tante attività, ha avuto anche il tempo di far edificare con l’aiuto della provincia ben 800 abitazioni per i bisognosi. Ora una fondazione ne segue gli sviluppi.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons