Ho fame, mi compri da mangiare?

L'incontro con una ragazza senza soldi e senza prospettive e la reazione di Stefano: accogliere i bisogni di Anastasia o tornare a casa per la cena? Un'esperienza
Stazione Centrale di Milano foto di Kiban

Il treno delle 22 proveniente da Roma lascia a Milano centrale dirigenti e funzionari che nella capitale hanno impegni, affari e uffici. Velocemente percorrono le vie laterali della stazione per recuperare il proprio mezzo, lasciato in mattinata, e raggiungere la famiglia, cenare, e preparare il lavoro per il giorno dopo.

Stefano è quasi in prossimità del suo scooter, quando nella penombra scorge una ragazza che gli si avvicina. D’istinto e senza manco guardarla in viso, risponde: «Non ho monete». Ma Anastasia le risponde: «Fermati, non voglio soldi, ho fame, mi compri qualcosa?». Stefano ha in mente cosa lo aspetta a casa, deve cenare anche lui e poi preparare una relazione per un convegno che lo aspetta l’indomani, ma a questo punto è di fronte ad Anastasia ed entrambi si guardano dritto negli occhi.

La ragazza è giovane, piccola, smagrita. «Non pensavo assolutamente, in quel momento, al Gesù in cui credo, è stato Lui a ricordarmelo. E insieme a farmi accorgere che accogliere il prossimo si declina in una infinità di modi». Anastasia cercava qualcuno che ascoltasse i suoi problemi, cercava una persona a cui “confidare” il suo vissuto. Insieme si avviano in un locale pieno di giovani che consumano stuzzichini e primi piatti. Anastasia indica il piatto che gradirebbe, il barista con un gesto di disgusto domanda «Chi paga?», e all’assicurazione di Stefano le consegna il pasto.

«Ti va di fermarti con me mentre mangio? Usciamo e andiamo su quella panchina accanto alla fontanella» domanda Anastasia, facendo per uscire, ma Stefano la invita a fermarsi ad un tavolo nel locale e a prendere una bibita. Anastasia le domanda se non si vergogna a stare lì con lei, Stefano le assicura di no. Nel chiasso del locale inizia un dialogo intenso e Anastasia racconta la sua vita lunga appena diciotto anni. Parla della Romania, la sua terra, del suo bimbo di appena otto mesi, di un marito, disoccupato come lei. Racconta di lavori saltuari, di solitudini immense che feriscono e segnano i suoi diciotto anni. Di tante illusioni che si scontrano con la crudezza di una vita.

Per Anastasia è ritrovare un momento di pace, l’unico in questa giornata, per Stefano è mettersi in un atteggiamento di accoglienza, di reciprocità. È far rimettere in moto il suo cuore di carne che accoglie, dà speranza, consola, perché sa che in Anastasia ha incontrato Gesù. Il panino è finito da parecchio, quando entrambi – guardandosi fissi negli occhi umidi – si abbracciano e si ringraziano a vicenda.  

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