Hillary Clinton entra nella storia degli Usa
«Abbiamo mandato in frantumi il soffitto di vetro per le donne, per gli uomini, per tutti». Hillary Clinton usa la metafora del "glass ceiling", cioè quella barriera invisibile che non consente alle donne e alle minoranze un avanzamento di carriera superiore a un certo livello, per sottolineare la storicità del momento: è la prima donna nella storia degli Stati Uniti a correre per la Casa Bianca. Lei ha finalmente rotto il soffitto di vetro. Era il 7 giugno del 2008 quando alla convention di New York annunciò pubblicamente di sostenere Obama e invitò i senatori di tutti gli altri Stati a farlo all’unanimità senza chiamate dirette.
Oggi invece il palcoscenico è suo e la sua tenacia ha vinto. Ha vinto sugli scandali del marito quando era presidente, sulle 11 ore di interrogatorio in cui le si imputava la responsabilità dell’attentato all’ambasciata Usa in Libia, quando era segretario di Stato, e non ultimo ha vinto anche su chi l’ha accusata di mettere a rischio la sicurezza del Paese per avere usato la mail privata in questioni di politica nazionale e internazionale. Mentre rimane aperto il capitolo dei finanziatori della sua campagna: banche coinvolte in fondi di investimento poco trasparenti, legati a mutui subprime all’origine della crisi internazionale che continua ad attanagliare molte economie nel mondo. Ma questa è la sera della festa e la Hillary che sale sul palco di Brooklyn è visibilmente commossa. Con la chiusura dei seggi delle primarie negli ultimi sette Stati degli Usa, la Clinton ha ottenuto la maggioranza dei delegati del Partito democratico e conseguentemente la nomina per le elezioni presidenziali, anche se bisognerà attendere la convention di luglio per l’investitura ufficiale. Mentre si prepara a parlare, alle sue spalle una folla dai molti colori di pelle la osanna e inneggia al suo coraggio: questo è il popolo che l’ha sostenuta e la continuerà a sostenere e in mezzo si scorgono tante, tantissime donne.
«Questa vittoria appartiene a voi», ripete fissando i suoi elettori, i volontari e le persone semplici che «hanno parlato ai vicini di un progetto di America diverso». E a sorpresa ringrazia Bernie Sanders per la bellissima campagna elettorale «che ha fatto bene al partito e ha attirato tanti giovani. Dobbiamo lavorare per rendere forte il governo, un governo capace di ascoltare le persone e non i poteri forti». Risponde in questo modo a chi la vuole vicina alla finanza di Wall Street e tende una mano al suo avversario che vorrebbe arrivare alla convention democratica non come numero due.
Diventa seria Hillary quando parla di Trump verso cui sferra un attacco durissimo: «Donald Trump è caratterialmente inadatto a essere presidente». E continua elencando le sue uscite: «Quando sostiene che un giudice distinto, nato in Indiana, non può compiere bene il suo lavoro a causa delle origini messicane; quando prende in giro un giornalista per la sua disabilità, o chiama le donne maiali, va contro tutto ciò che rappresentiamo come Paese». E insiste: «Serve collaborazione, serve unità e i ponti sono migliori dei muri», sottintendendo il progetto del miliardario di costruire una barriera al confine con il Messico.
L’ultimo pensiero della serata la candidata alla Casa Bianca lo dedica alla madre, che «le ha insegnato il valore del servizio agli altri», e che era nata nel 1919 il 4 giugno, qualche settimana prima che venisse introdotto nella Costituzione statunitense il XIX emendamento, quello che estendeva il diritto di voto anche alle donne. E oggi a distanza di quasi 100 anni, una donna potrebbe diventare il primo presidente degli Usa.
«Non penso che sia perfetta, ma è la migliore – ha dichiarato una volontaria afroamericana del comitato di New York –. Nel corso della mia vita vorrei vedere una donna alla Casa Bianca, e lei potrebbe essere quella giusta».