Henri-Lévy, Kapuscinski e la verità dei fatti
Le falsità del filosofo francese e l'amore per la verità del giornalista polacco. Il doveroso servizio dei giornalisti alla realtà di cose, persone, avvenimenti.
Era il 21 agosto 2008 , ancora in pieno conflitto russo-georgiano; ero in Georgia per raccogliere materiale per il libro uscito qualche giorno fa, Sul largo confine. Storie di cristiani nel Caucaso. Mi trovai a varcare i numerosi posti di blocco dell’armata di Mosca al seguito di un convoglio della Caritas Georgia, per portare un po’ di pane alla popolazione di Gori, la città natale di Stalin, occupata dalle forze provenienti dall’Ossezia meridionale.
Bernard Henri-Lévy (BHL per i transalpini), aveva appena scritto un reportage, rivelatosi incompleto e per molti versi addirittura falso, sull’occupazione sovietica della città, nella quale non era mai penetrato, contrariamente a quanto aveva scritto su Le Monde, sul Corriere e su altri famosi quotidiani. La realtà era ben diversa. Drammatica ma ben diversa. Un mese dopo il direttore de Le Monde dovette scusalo pubblicamente, dicendo che bisognava capirlo, la sua era una «narrativa giornalistica». Stupefacente.
Già il suo reportage sulla morte del giornalista ebreo americano in Pakistan, Qui a tué Daniel Pearl?, un tomo di cinquecento pagine, non era altro che un mix di fantasie e di contatti reali, una perfetta proposta postmoderna: fiction e realtà mescolate assieme. Edhi Abdul Sattar, da me intervistato, colui che aveva raccolto i resti del povero giornalista, definì quel lavoro «ricco di fantasia». Oggi BHL ci casca di nuovo, citando nel suo ultimo libro, De la guerre en philosophie, un filosofo mai esistito, Jean-Baptiste Botul, supposto autore del libro La vita sessuale di Immanuel Kant, ma in realtà (reale) frutto della vena umoristica di un collaboratore della rivista satirica Le canard enchainé, Frédéric Pagès. Ci risiamo. BHL vittima del copia/incolla!
Proprio in questi giorni, per la piccola ma dinamicissima casa editrice il Margine di Trento, esce un libretto di poche pagine, Perché è morto Karl von Spreti, opera di Ryszard Kapuściński, che ci ha lasciato nel 2007, magistrale giornalista polacco, autore di stupendi reportage, come Negus, Ebano, Lapidarium… Consiglierei a BHL di leggerlo attentamente. Racconta la vicenda dell’assassinio dell’ambasciatore tedesco in Guatemala, avvenuta nel 1970. Riavvolgendo passo passo il filo della matassa del rapimento, l’autore racconta la schiavitù dell’intero Paese sotto la dittatura delle multinazionali agricole statunitensi. 90 pagine di silenzioso racconto, documentato, verificato, caloroso e rigoroso nel contempo. Con il massimo rispetto per le singole persone, anche per i carnefici, e perciò capace di far intravvedere squarci di verità.
In epoca di fiction d’ogni genere spacciate per giornalismo, l’esempio positivo di Kapuściński e quello meno edificante di BHL indicano la strada della ricerca della verità. Strada faticosa, impervia, dispendiosa: il reporter polacco dell’agenzia PAP per risparmiare alloggiava negli alberghi più economici, tra pulci e sporcizia, e non negli Sheraton o nei Marriott… La verità rimane e rimarrà l’impossibile orizzonte del giornalista, anche ai tempi di Internet. Verità forse mai raggiunta ma sempre perseguita.
p.s. A meno che il furbissimo BHL non abbia inserito a bella posta nel suo libro la citazione del falso filosofo per far pubblicità al suo libro. Tutto è possibile, purtroppo, come insegnano la vicenda del nostro Morgan o tante letture fantasiose degli intrighi vaticani…
Già il suo reportage sulla morte del giornalista ebreo americano in Pakistan, Qui a tué Daniel Pearl?, un tomo di cinquecento pagine, non era altro che un mix di fantasie e di contatti reali, una perfetta proposta postmoderna: fiction e realtà mescolate assieme. Edhi Abdul Sattar, da me intervistato, colui che aveva raccolto i resti del povero giornalista, definì quel lavoro «ricco di fantasia». Oggi BHL ci casca di nuovo, citando nel suo ultimo libro, De la guerre en philosophie, un filosofo mai esistito, Jean-Baptiste Botul, supposto autore del libro La vita sessuale di Immanuel Kant, ma in realtà (reale) frutto della vena umoristica di un collaboratore della rivista satirica Le canard enchainé, Frédéric Pagès. Ci risiamo. BHL vittima del copia/incolla!
Proprio in questi giorni, per la piccola ma dinamicissima casa editrice il Margine di Trento, esce un libretto di poche pagine, Perché è morto Karl von Spreti, opera di Ryszard Kapuściński, che ci ha lasciato nel 2007, magistrale giornalista polacco, autore di stupendi reportage, come Negus, Ebano, Lapidarium… Consiglierei a BHL di leggerlo attentamente. Racconta la vicenda dell’assassinio dell’ambasciatore tedesco in Guatemala, avvenuta nel 1970. Riavvolgendo passo passo il filo della matassa del rapimento, l’autore racconta la schiavitù dell’intero Paese sotto la dittatura delle multinazionali agricole statunitensi. 90 pagine di silenzioso racconto, documentato, verificato, caloroso e rigoroso nel contempo. Con il massimo rispetto per le singole persone, anche per i carnefici, e perciò capace di far intravvedere squarci di verità.
In epoca di fiction d’ogni genere spacciate per giornalismo, l’esempio positivo di Kapuściński e quello meno edificante di BHL indicano la strada della ricerca della verità. Strada faticosa, impervia, dispendiosa: il reporter polacco dell’agenzia PAP per risparmiare alloggiava negli alberghi più economici, tra pulci e sporcizia, e non negli Sheraton o nei Marriott… La verità rimane e rimarrà l’impossibile orizzonte del giornalista, anche ai tempi di Internet. Verità forse mai raggiunta ma sempre perseguita.
p.s. A meno che il furbissimo BHL non abbia inserito a bella posta nel suo libro la citazione del falso filosofo per far pubblicità al suo libro. Tutto è possibile, purtroppo, come insegnano la vicenda del nostro Morgan o tante letture fantasiose degli intrighi vaticani…
(dal blog di Michele Zanzucchi)