Hayez 150 anni dopo

Milano festeggia il primo dei pittori romantici. Amico di Verdi, Manzoni e Rosmini
Francesco Hayez

Nel 1859, finita la “seconda guerra d’indipendenza”, a Milano fu esposta una piccola tela, intitolata Il bacio. Niente di guerresco, anzi di molto romantico. E’ piaciuta così tanto che Francesco Hayez, l’autore, è stato costretto a replicarla (all’epoca non esisteva ancora la riproduzione fotografica delle opere d’arte). Strano, ma mentre gli altri artisti dipingevano tele gloriose di battaglie indipendentistiche o di eroismi garibaldini, il veneziano Francesco, trasmigrato a Milano, si soffermava sull’amore di due giovani.

 

Ma Hayez non era un sognatore. Gli piacevano i temi storici del passato, figure come i dogi Foscari o Faliero, che, guarda caso, erano i protagonisti delle opere di Verdi e Donizetti. Musica e pittura formavano in legame inscindibile; non tenerne conto, significa non comprendere sino in fondo l’atmosfera dell’epopea risorgimentale, non solo, ma anche il medium formidabile di comunicazione con la gente rappresentato da queste forme d’arte sorelle.

 

Hayez infatti lanciava, come i musicisti (quest’ultimi più o meno coscientemente) – attraverso i suoi dipinti medievali un messaggio sottinteso, ma anche chiaro, per chi voleva capire – di esaltazione del nostro glorioso passato, delle vittime dell’ingiustizia e quindi implicitamente invitava a scuotersi di dosso il gioco della sudditanza. Anche il famoso Bacio, quindi, rappresentava, oltre al trionfo del sentimento, il bacio della libertà all’amata tenuta prigioniera (l’Italia).

 

Hayez è grande in modo speciale nella ritrattistica. Basterebbero le tele con i ritratti di Manzoni e Rosmini a dirne la notevole capacità introspettiva. Manzoni, seduto con la testa leggermente inclinata, in atteggiamento di ascolto e di silenzio interiore, sta elegante e fermo come una serena icona di aristocrazia milanese. Rosmini, ritratto poco prima della morte, è colto nell’atteggiamento bellissimo di chi, superati i drammi e le ingiustizie della vita – di fatto era stato emarginato – vive in u n distacco morale che lo rende superiore, ma non orgoglioso, piuttosto libero e quindi calmo. Gran colorista, il veneziano Hayez scontorna le figure, disperdendo le ombre per tutta la tela, così da far risaltare, accanto alla posa, il viso, cioè l’anima.

Il Risorgimento di Hayez è anche questo.

 

Hayez nella Milano di Manzoni e Verdi. Milano, Brera. Fino al 215.9 (catalogo Skira).

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