Halloween?
La dittatura televisiva ci impone un mondo senza anima come se fosse un gioco per bambini.
Avevamo un tempo l’“estate fred-da dei morti”, nell’abbondanza dei frutti della tarda estate e dell’autun-no: era la festa dell’intimità familiare nel ricordo dei propri defunti, bella anche se velata di malinconia.
Ma oggi tutto diviene grido come quando si vince la lotteria; si sottraggono occa-sioni per pensare: la speranza, privata di traguardi e di vigore, cede così il posto alle illusioni.
Ci levano la festa del ricordo af-fettuoso perché la dittatura televisiva impone il macabro e l’orribile del-l’Halloween come se fosse un gioco innocuo che diverte i bambini. Invece è peggio del fumo e del vino in giovane età: guasta il sentire. Si facciano pure le maschere nel vuoto delle zucche. Ma le immagini che per gioco evocano il demoniaco fanno pensare a quelle scimmiette che, agili e rapide, giocano senza timore sul possente anaconda. Se però un arto resta intrappolato nelle spire dell’animale infastidito, il loro sberleffo diventa ter-rore e morte.
Davanti a certe immagini si do-vrebbe dire: «Ma che schifo vi viene in mente!»; e tutto potrebbe finire lì. Ma il governo della città ordina lo spegnimento delle luci e disciplina cortei e spettacoli per dare risalto agli effetti tenebrosi: ciò sembra, o forse è una banalità.
Ho sempre creduto che la legge ed ogni scelta della pubblica ammini-strazione debbano non solo stabilire il confine del lecito, ma anche educare. Ma se una amministrazione cerca consensi con scelte diseducative, e se qualcuno cerca vantaggi con interventi violenti rispetto ad una sana pedagogia, dando scandalo proprio nei confronti dei più piccoli e degli indifesi, essi vanno richiamati al loro do-vere.
Al ripetersi di inquietanti episodi di cronaca, non dovremmo lasciar spazio all’ipocrisia che ripete con perbenismo: «Ma perché? Da dove tanta perversione?». Non è forse a fior di pelle il brivido per l’urlo che invoca rapporti umanamente più sani e apre prospettive di verità e bellezza?