Ha dato la vita per la sua gente
«Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora (…) Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per lui voglio morire. Non provo alcuna paura (…)». Non sono espressioni tratte dagli Atti dei martiri dei primi secoli, ma hanno la stessa forza scaturita da una fede limpida e da una vita coerente al messaggio evangelico: provengono dal testamento spirituale di Shahbaz Bhatti, il ministro per le Minoranze religiose del Pakistan ucciso il 2 marzo 2011 a soli 42 anni, mentre attraversava senza scorta il centro di Islamabad.
Amico di musulmani illuminati, Bhatti rinunciò a formarsi una propria famiglia per non esporla alle rappresaglie di quanti invece non credevano, come lui, nel dialogo e nella convivenza pacifica fra genti diverse per etnia, cultura e religione; ma anche di fronte alle ripetute minacce di morte, non volle rinunciare alla sua battaglia per i deboli e gli oppressi (tra cui Asia Bibi, la cristiana condannata per blasfemia).
A un anno dalla sua uccisione, che fece indignare il mondo, le prime due biografie ricche di documenti e di testimonianze dirette ci permettono di ripercorrerne la vita dall’adolescenza fino alle tante conquiste civili ottenute affinché fosse garantita la libertà di tutte le minoranze del suo tormentato Paese a maggioranza islamica: Morte di un blasfemo. Shahbaz Bhatti, un politico martire in Pakistan, di Francesca Milano (San Paolo); Shahbaz Bhatti, vita e martirio di un cristiano in Pakistan, di Roberto Zuccolini e Roberto Pietrolucci (Paoline), quest’ultima con prefazione di Andrea Riccardi.
Pur rimanendo il mistero di una vita vissuta per gli altri fino al sacrificio, queste ricostruzioni giornalistiche appagano il desiderio di conoscere una figura il cui messaggio universale s’affianca a quello dei grandi testimoni che onorano l’umanità. E mentre la sua gente già lo invoca come un santo, i vescovi del suo Paese chiedono che venga proclamato “martire e patrono della libertà religiosa”. Intanto la sua Bibbia personale, quella che lui meditò poco prima di essere trucidato, è custodita nella basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina (Roma), divenuta memoriale dei “nuovi martiri del XX e XXI secolo”. L’ha donata alla Comunità di Sant’Egidio, cui Bhatti era molto legato, il fratello Paul, che ha raccolto la sua eredità quale consigliere speciale del ministero per le Minoranze religiose in Pakistan.