Gustiamoci un buon caffè
In natura esistono due varietà principali della pianta del caffè: l’Arabica e la Robusta. La prima, coltivata nei paesi del Centro America (Brasile, Colombia, Ecuador e Venezuela), è la più pregiata, presenta chicchi grandi e di forma ovale; la Robusta, invece, coltivata in Africa e in Asia e meno pregiata, presenta un contenuto superiore di caffeina ed è caratterizzata da chicchi più piccoli e di forma tondeggiante. Un buon caffè per essere tale deve perciò contenere un’alta percentuale della varietà Arabica. In origine, sulla pianta e a maturazione avvenuta, oppure quand’è ancora nei sacchi appena raccolto e non ancora trattato, il chicco di caffè si presenta di colore grigioverde: è il processo di torrefazione a renderlo (o così dovrebbe) di colore marrone. Non sempre, invece, così avviene: nel centro Italia ed al sud, in particolare, si preferisce innalzarne la temperatura di torrefazione fino al raggiungimento di una colorazione nerastra del chicco torrefatto. Il caffè così ricavato è in effetti più forte, ma ha, a mio avviso, lo svantaggio di perdere buona parte dell’aroma originario. E proprio perché questo si conservi al massimo è altresì opportuno acquistare il caffè tostato in chicchi macinarne poi di volta in volta la dose necessaria all’uso. Infatti, il caffè in chicchi si conserva più a lungo di quello macinato che invece, a contatto con l’aria, cede facilmente suo prezioso aroma; pertanto, è consigliabile conservarlo in un recipiente non trasparente e a chiusura ermetica da riporre inoltre in frigorifero, poiché è risaputo che le basse temperature, ritardando l’azione dell’aria, ne conservano più a lungo l’aroma. Per ottenere un buon caffè occorre prima di tutto puntare alla qualità. Purtroppo ciò spesso corrisponde ad un prezzo più elevato. In molte città ci sono torrefazioni dove si preparano ottime miscele di caffè ad un prezzo normale e che non hanno nulla da invidiare a quelle in commercio ad un prezzo elevato. È importante anche l’uso di una buona caffettiera adottando degli accorgimenti ben precisi, conosciuti dai più ma non da tutti. La caldaia, ossia la parte inferiore della macchinetta, va riempita d’acqua fredda e pura fino alla valvola, ponendo particolare cura nel non oltrepassarne il livello. Nel malaugurato caso si abbia a disposizione acqua corrente calcarea o addizionata con cloro, è meglio ricorrere all’uso di quelle minerali purché del tipo non gasato. Il recipiente del filtro, che verrà collocato a copertura della caldaia, va invece riempito della polvere di caffè fino all’orlo, pressando leggermente ed aggiungendo ancora polvere qualora si desideri un caffè dal gusto più forte. Mai però esagerare nella pressatura: perché il difficoltoso passaggio del vapore acqueo attraverso la polvere di caffè surriscalda la caffettiera, col risultato di provocare, alla degustazione, uno sgradevole sapore di bruciato. Ed ora una serie di piccoli e preziosi suggerimenti. Nella pulizia della macchinetta mai adoperare saponi od altri detersivi, poiché il caffè, essendo particolarmente “sensibile”, assorbe facilmente sapori ed odori. E proprio a tale scopo, qualora si adoperi per la prima volta una caffettiera o dopo un lungo periodo di inattività, si raccomanda d’eseguire preventivamente una “prova” d’uso magari con dei fondi di caffè. Riguardo infine alla degustazione, affinché se ne possa assaporare al meglio l’aroma, è bene bere il caffè ancora caldo, preferibilmente amaro o poco addolcito.