Guru Nanak Jayanthi
Il 10 novembre si celebra la festa più importante per i Sikh: il ricordo del loro fondatore, che predicò l'uguaglianza tra tutti gli uomini
Si tratta di una religione che negli ultimi decenni ha visto una presenza crescente, anche se discreta, in Italia. Nei mesi scorsi si è inaugurato un gurudwara, il tempio dei sikh, a Pessina Cremonese. La più alta concentrazione di persone di questa fede si trova infatti nella bassa padana e nella zona dell’Agro Pontino, dove i sikh lavorano duro, soprattutto nelle fattorie e nelle imprese agricole, con particolare attenzione alla cura del bestiame.
Lo sfondo su cui nel XV secolo è nata questa nuova fede è lo stato del Punjub nell’India di Nord Ovest, dove l’impero Moghul aveva ormai allungato il suo potere, provocando un incontro-scontro fra il mondo islamico e quello induista. Da un lato ne sarebbero nati cultura, pensiero, lingua ed arte di rara bellezza – basti pensare al celeberrimo Taj Mahal di Agra –; dall’altro, purtroppo, si verificarono anche scontri e guerre.
E’ in questo contesto, che nasce Guru Nanak, padre fondatore dei Sikh. Sia pure indù, ancora ragazzino rifiuta il sacro filo che introduce nella pubertà, e quindi nella vita adulta di questa religione. Pochi anni dopo, ancora giovane, mentre si bagnava in un fiume vicino al suo villaggio, sparì misteriosamente per riapparire dopo tre giorni con un messaggio sconvolgente. «Non c’è né indù né musulmano perchè Dio non è né indù né musulmano», proclama a tutti. E successivamente confida: «Sono stato alla corte di Dio che ora mi manda, come suo menestrello, ad annunciare quanto ho visto».
Da quel momento Nanak, sposato con due figli, intraprende viaggi a Nord, Sud, Est ed Ovest, raggiungendo Sri Lanka e Tibet, La Mecca e l’Afghanistan, predicando l’uguaglianza e la fraternità fra tutti gli uomini. Non solo non ci devono essere discriminazioni fra religioni diverse, ma anche fra seguaci della stesa fede. E’ impensabile che Dio padre abbia creato persone di caste diverse. Lui è presente in ogni uomo ed il fine della vita di ogni essere umano è di riunirsi a Lui.
Migliaia di persone lo seguono. Il messaggio è semplice e non è necessario farsi asceta per seguirlo. Nanak predica che la religione aiuta a vivere «da puri nel mondo fatto di zozzuria». Lui, guru, porta una luce nuova illuminando le tenebre, gli altri sono i sikh, seguaci nella lingua locale. Poco prima di morire Nanak nomina Angad, uno dei suoi discepoli, suo erede spirituale. Da Angad in poi il processo continuerà per quasi cent’anni fino a Guru Gobind Singh, il decimo nella successione, che, vedendo la religione ormai ben avviata, comprende che la gente non ha più bisogno di un leader spirituale. Nel 1708, alla vigilia della morte, affida dunque il compito di essere un guru immortale al Granth Sahib, il libro sacro.
Sarà questo testo, che raccoglie in 1430 pagine i 5.930 versi di preghiere e poesie di vari dei 10 guru fondatori, a mostrare a tutti i fedeli sikh la luce che viene da Dio e a metterli in contatto con il creatore. E’ parola di Dio che si rende presente in queste pagine. L’Akal (immortale) Granth (libro) Sahib (signore) è, quindi, venerato (non adorato) nel Tempio d’Oro di Amritsar, la città santa ed in tutti i gurudwara (templi Sikh) del mondo.
Per assicurare un’identità precisa ai seguaci di questa religione, nel 1699 Guru Gobhind Singh istituì il Khalsa, cui appartengono tutti i sikhs che desiderano essere battezzati. Il loro cognome con questo atto cambia in Singh (leone), se uomini, ed in Kaur se donne. Fra gli impegni che essi prendono c’è il mantenimento delle cosiddette 5 K (kara, un braccialetto al polso desto, kirpan, uno stiletto sul fianco sinistro, kenga, un pettine infilato tra i capelli, kesh, che non vengono mai tagliati, e kach, pantaloni alla zuava per uomini). Un sikh battezzato si impegna inoltre a non fumare e a non consumare alcolici e alcun tipo di droga.
L’autorità massima è scelta di tempo in tempo e risiede nell’Akali Takht (trono eterno) all’interno del complesso del Tempio d’Oro, ma ogni sua decisione è presa con altri quattro capi dei gurudwara più importanti dell’India. Essi hanno autorità su tutti i Sikh battezzati e su questioni pertinenti la loro vita religiosa, sociale e di comunità. I Sikh hanno, infatti, un loro codice di comportamento di cui rispondono alle somme autorità della loro religione.