Guitto teatrante e maschera di mediocrità

Un fiume di parole per il magnifico Franco Branciaroli nell'opera di Thomas Bernhard, "Il teatrante", una metafora universale che riguarda tutti
Un momento dello spettacolo

È logorroico. Parla a lungo, delira lucidamente sul teatro e sugli attori; racconta rabbiosamente brani del suo improbabile dramma titolato La ruota della storia in cui fa convivere Giulio Cesare, Hitler, Stalin, Napoleone, Churchill, e che si appresta a recitare la sera in una squallida locanda addobbata di quadretti, corna di cervo, sanguinacci e maiali a vista, situata in un paesino montano di duecento anime.

Parla dei suoi ricordi; dice malissimo dell'Austria; strapazza la moglie e due figli appellati come scemi e stonati, anch’essi attori, scadenti. Insomma, secondo il tipico procedimento di Thomas Bernhard, si sfoga. In questo fiume di parole ritmico e ripetitivo, ingarbugliato e logico, sta insieme la verità del personaggio e il piacere del testo.

Il protagonista, l’attore accademico Bruscon, un guitto girovago che si pavoneggia in continuazione, asserisce che il teatro è menzogna, praticata da tutti, attori, pubblico, drammaturgo. Ma proprio in questa menzogna, sta il gusto del teatro, la sua passione, proprio la rivelazione della sua inadeguatezza è la sua vera forza. Mentire dunque bisogna farlo, con passione, con genio, perfino con necessità. Questo è il nocciolo teorico del dramma di Thomas Bernhard Il teatrante, messo in scena da un magnifico Franco Branciaroli, assolutamente perfetto nel ruolo, oltre che regista dello spettacolo. È a suo agio nell’incarnare uno di quei personaggi tipici dello scrittore austriaco, insieme bizzarri e realistici, esseri maniacali e ciarlieri, serrati in un odio assoluto per il mondo che li circonda e insieme in un bisogno continuo di giustificare il proprio posto in esso.

E quel gretto mondo dei piccoli paesi austriaci che Bernhard descrive in maniera minuziosa, diventa in realtà una metafora universale che ci riguarda tutti. In questa grande collezione di mostri entra a pieno titolo Bruscon, che si sente d'appartenere alla genia degli Shakespeare e dei Voltaire definendosi "il più grande attore del mondo" e costringendo anche i figli (Tommaso Cardarelli e Valentina Violo) a ripeterlo quotidianamente. Essi, e gli altri personaggi – l’oste, con la moglie e la figlia – tutti con poche battute, sono figure di contorno al suo ego espanso. Il testo, infatti, non è altro che un lungo monologo di quasi due ore del protagonista intercalato da rare battute dei figli e dei locandieri durante tutto il pomeriggio fra prove tecniche, citazioni della commedia, liti con i familiari. Branciaroli regge senza cedimenti il soliloquio, con sfaccettata, comica verità. Il suo Bruscon, tutto vestito di bianco, è vitale, capriccioso, energico, profondamente e perversamente attore, in ogni battuta. Qusto vecchio sulla via del tramonto sa benissimo di essere un fallito, e in fondo non si sogna neppure di negarlo: vuole solo fare le cose in grande e recitare al meglio la propria vita, dato che la sua commedia non funziona. Nel finale, pronto ad andare in scena, si veste da Napoleone, trucca il viso della moglie (nei panni di Madame Curie) e del figlio. Ma un incendio, scoppiato improvvisamente nella vicina canonica, manderà in fumo la prevista rappresentazione. E lui, chiude sarcasticamente dicendo che in fondo l’aveva presagito.

 

IL TEATRANTE, diThomas Bernhard, traduzioneUmberto Gandini, regia e conFranco Branciaroli, eBarbara Abbondanza, Tommaso Cardarelli, Melania Giglio, Daniele Griggio, Valentina Mandruzzato, Valentina Violo; scene e costumiMargherita Palli, luciGigi Saccomandi. Al teatro Qurino di Roma, fino al 23. Produzione CTB Teatro Stabile di Brescia, Teatro de Gli Incamminati.

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