Guido Bodrato: la politica pensata di un cattolico coerente
Difficile raccontare la vita di Guido Bodrato, un uomo di grande valore, un cristiano del dialogo, un costruttore di progettualità e idee per un mondo più giusto e libero. Ha lasciato questo mondo, con la descrizione che lo ha sempre caratterizzato, solo 50 giorni dopo la sua adorata Irma, la moglie che conobbe ai tempi della Fuci all’Università in quegli anni ’50 che furono caratterizzati da grandi speranze per il futuro.
Per ascoltare e capire la storia di un uomo che ha fatto della politica la sua vita e capire come può accadere, bisognava salire nella collina tra Pino e Chieri e suonare il campanello di casa Bodrato. La casa scelta dai Bodrato negli anni ’60. I Bodrato sono sempre stati due: Guido, che noi conosciamo, e la sua Irma, ma senza di lei non ci sarebbe lui e quando lei se ne è andata, lui non ha atteso molto per raggiungerla. Nella dimensione domestica di Bodrato, che avvicinammo due anni fa per un progetto sugli Archivi della Dc in Piemonte a cura della Fondazione Carlo Donat-Cattin, non è mai stato un uomo di potere ma di pensiero, analisi riflessione, studio. Un uomo che è stato ai vertici della Democrazia cristiana per 40 anni, fedelissimo di Donat-Cattin, ministro con Forlani e Andreotti, ispiratore del ritorno al centro sinistra a Torino dopo il decennio rosso di Diego Novelli, che ha rappresentato l’anello di congiunzione tra le generazioni che nel ’900 e oltre hanno caratterizzato la storia della Democrazia, tout court, non solo cristiana del nostro Paese. Insomma un protagonista di primo piano della vita politica italiana.
Guido Bodrato, classe 1933, ha percorso le vicende dell’Italia repubblicana dagli anni della Ricostruzione ad oggi. Una passione politica che ha caratterizzato il percorso pubblico politico e culturale di Bodrato negli anni della formazione nella parrocchia, l’Azione Cattolica e la Fuci, e nei primi collegi rappresentativi del mondo del mondo universitario, dall’Intesa e nel movimento giovanile della DC e infine nel partito. Da Torino a Roma, dal Consiglio Comunale nella città subalpina fino all’esperienza parlamentare dal 1968 al 1992. Il ruolo di ministro della Repubblica, Istruzione, Bilancio e Industria e l’esperienza europea come parlamentare fino ai primi anni del nuovo secolo. Bodrato ragiona sui grandi temi della politica, dell’economia, della società di ieri e di oggi. Bodrato cronista e giornalista, è stato direttore del quotidiano “Il Popolo” dal 1995 al 1999 ed esponente di rilievo della componente della sinistra democristiana con tra gli altri grandi leader come Carlo Donat-Cattin, Aldo Moro, e Benigno Zaccagnini. Ma sono le radici profonde del padre del Roero e di una famiglia di origini basso piemontesi, la cultura contadina che si fondeva con quella del padre che emancipandosi era medico condotto. Una formazione cattolica rigorosa, seria, responsabile ma aperta alle grandi domande sul senso della vita. Io ho lasciato in quegli anni Azione cattolica, perché vi era contrasto su orientamento. Nel movimento cattolico si trova a suo agio ma lo stesso Bodrato ricorda come «mi ero schierato con i giovani dell’Azione Cattolica. Il mio presidente era Rossi allontanato da Gedda, poiché accusato di avere una posizione contrastante con quella dei comitati civici. A me sembrò intervento autorità, fu un rifiuto autoritarismo. Ricordo che scrissi una lettera al giornale Azione cattolica ma non mi allontanai da orientamento politico. Quando mi iscrissi all’università di Torino era dirigente Azione Cattolica Colombo ed Eco si candidò a elezioni del consiglio universitario. L’ambiente era vivo, moderno e aperto. Non c’erano posizioni predeterminate. Diventò quasi naturale l’adesione alla DC. Allora leggevo il giornale di Mazzolari con orientamento anticomunista e contrario al clericalismo e all’autoritarismo. I nostri riferimenti erano i partigiani cristiani, la repubblica dell’Ossola, dove leader fu Mattei, responsabile ENI. Si creò questa convinzione politica che poi coltivai per il resto della mia vita seguendo vicende di un partito».
Poi la guerra, gli stenti, la decisa posizione antifascista in famiglia. Ma soprattutto la consapevolezza che la Resistenza anche cattolica, il popolarismo sturziano, il Codice di Camaldoli, il ruolo dei cattolici nella ricostruzione morale e civile dell’Italia libera, Repubblicana e fortemente ancorata ai valori della Costituzione democratica fossero un impegno concreto da perseguire. Prima nella città di Torino, poi nel territorio più vasto della provincia e infine in Italia. Ma Bodrato è soprattutto uomo di pensiero e azione politica, mai disgiunti. Diventa il delfino di Carlo Donat-Cattin dal quale sarà sempre fedele alleato fino alla rottura del 1980. Negli anni bui del terrorismo e dell’assassinio di Aldo Moro amico e leader della sinistra democristiana, padre nobile ed erede di De Gasperi.
Esponente di rilievo della sinistra morotea dentro la dinamica di una stagione di riforme e di emancipazioni e sviluppo impetuoso dell’Italia repubblicana, Bodrato è stato in Consiglio comunale e poi provinciale non ha ricoperto ruoli di assessore o presidente, ma sempre dentro alle dinamiche del partito con la lucidità del ruolo e degli incarichi che gli furono affidati. Bodrato fu parlamentare per 7 legislature, dal 1968 al 1994. Ricoprì anche la carica di ministro più volte: dell’Istruzione dal 1980 al 1982, del Bilancio dal 1982 al 1983, dell’Industria dal 1991 al 1992, sotto i presidenti del Consiglio Forlani e Spadolini, Fanfani, Andreotti. Fu uno stretto collaboratore di Benigno Zaccagnini, segretario della Dc tra il 1975 e il 1980, morto nel 1989.
Bodrato fu anche vicesegretario del partito a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. Terminò la sua esperienza in Parlamento nel 1994, con l’avvento della Seconda repubblica e di Silvio Berlusconi. Poi l’esperienza europea con i mandati a Strasburgo nel solco dell’esperienza europeista erede di grandi come De Gasperi, Adenauer e Schumann. La sua presenza nel mondo della politica, però, continuò ben oltre. Dopo lo scandalo Tangentopoli, che mise simbolicamente fine alla Prima repubblica e iniziò il cambiamento radicale nel sistema dei partiti italiani, Bodrato fu nominato commissario della Dc. In quel periodo, accompagnò prima lo scioglimento del partito e poi il suo rinnovamento come Partito popolare italiano. Proprio al Ppi Bodrato aderì, e dal 1995 al 1999 diresse il quotidiano Il Popolo. Quell’anno fu eletto al Parlamento europeo dal 1999 al 2004. Nel 2002 il Partito popolare confluì nella Margherita, uno dei partiti da cui pochi anni dopo sarebbe nato il Pd.
Autore di ricerche, saggi, libri, padre nobile del cattolicesimo democratico, ricostruttore di temi e ambienti del movimento cattolico come nel suo ruolo di pungolo e confronto con le nuove generazioni di cattolici impegnati in politica nel Partito democratico. Proprio la sua ultima fatic,a il saggio Le Stagioni dell’Intransigenza. Il Partito Popolare di Luigi Sturzo, la Terza forza di ispirazione cristiana alla prova del fascismo e del bolscevismo nel Piemonte del 1919-1926, Edizioni Celid-Fondazione Donat-Cattin, 2022, certificano il valore di un seminatore e maestro al quale continuare ad ispirarsi.
__