Guerre infantili?
Nel corso di una lezione universitaria, uno studente mediorientale ha commentato l’attualità politica della sua terra: «A volte mi sembra che vi siano atteggiamenti infantili. Sembra di vedere dei bambini che si azzuffano, dicendo: “Sei stato tu per primo, no sei stato tu, ora te la faccio vedere io chi è il più forte… Ah è così? Ora mi vendico e te ne pentirai…”». Non ho risposto, la sua era una provocazione, che però tanti di noi hanno pensato assistendo alle schermaglie, media interposti, tra Israele e Iran di questi giorni, coi corollari targati Hezbollah, Hamas, Casa Bianca, Cremlino e via dicendo.
La sequenza comunque è stata ed è drammatica: l’attacco di Hamas del 7 ottobre, non si sa ancora se e in che misura ignorato volutamente da Israele; poi l’attacco di Gaza, i 33 mila morti palestinesi, la tragedia umanitaria; quindi l’interminabile serie di missili scambiati tra Israele e Hezbollah, sopra la testa dei soldati dell’Unifil schierati tra i due contendenti alla frontiera del Libano con Israele; il “blocco navale” nel Mar Rosso tentato dagli Houthi yemeniti, fiancheggiatori degli iraniani; l’attacco al consolato iraniano a Damasco; la pioggia di missili e droni su Israele (che non hanno fatto morti); il lancio di missili contro Isfahan, città-simbolo del programma nucleare iraniano e luogo in cui si concentrano le attività belliche del regime degli ayatollah.
E la prossima? L’Iran ha detto che non risponderà subito, ma c’è da star certi che lo farà; eppure, sembrerebbe − o lo si spera – in un generale ammorbidimento dei toni (e dei danni). Pare che la “pioggia” iraniana sia stata in effetti programmata per non fare morti, indirizzata però ad obiettivi strategici, forse solo per far capire agli israeliani che gli iraniani conoscevano i loro segreti; e la stessa risposta israeliana col bombardamento di siti precisi ad Isfahan – forse con il supporto di tecnologie targate a stelle e strisce − non abbia mirato al sodo, ma sia stata più che altro un avvertimento. Per non parlare del presunto aiuto saudita all’Iron Dome israeliano, in funzione antisciita da parte dei sunniti. Chissà, forse stiamo passando da una baruffa tra infanti a una partita a scacchi.
Al di là delle apparenze, le questioni in campo non sono poche, e vanno prese sul serio, in una regione, come il Medio Oriente, che è attraversato dagli interessi economici e strategici di tutte o quasi le grandi potenze regionali e mondiali. Pensiamo all’eterno problema degli approvvigionamenti di materie prime energetiche, gas e petrolio, che angustiano i grandi di questo mondo e che li spingono a interferenze continue. Pensiamo pure alla questione strategica del commercio mondiale, evidenziata dalla minaccia di chiusura del traffico marittimo che passa per lo Stretto di Suez, e che può avere ripercussioni sui Pil dei Paesi europei soprattutto. E riflettiamo sulla questione della sovranità dei Paesi della regione, messa a dura prova dalle interferenze straniere. Ancora, pensiamo alla lotta sotterranea tra Turchia e Arabia Saudita per l’egemonia in campo sunnita, o alla “federazione” tra sciiti iraniani, libanesi e yemeniti. Pensiamo altresì ai timori di atti terroristici fuori dalla regione, consideriamo il destino del popolo palestinese, sballottato tra altri Paesi arabi che non ne vogliono più sapere di accoglierli e Israele che di fatto li sta cacciando dalle terre che erano loro, e non dimentichiamo la guerra siriana che oramai dura da 13 anni. Se poi volessimo andare per il sottile, dovremmo pure affrontare la questione della democrazia, del rispetto dei diritti umani…
C’è di che mettersi le mani nei capelli e aspettare le prossime battaglie, che però sono in mano di leadership spesso incompetenti (un problema spesso sottaciuto ma evidentissimo), poco attente al rispetto delle frontiere e delle autonomie culturali, mentre vanno alle stelle le produzioni di armi… E sembra che solo lì stia la salvezza, anche per i Paesi europei. Giochi da bambini? Se non fosse che l’instabilità colpisce i più deboli e mina le basi della convivenza civile.
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