Guerra in Ucraina, soldati dalla Siria. Volontari o altro?
Secondo varie fonti internazionali, Putin avrebbe detto ai suoi più stretti collaboratori (gli 11 membri permanenti del Consiglio di sicurezza della Federazione russa) nel corso di una riunione del 10 marzo scorso: “… se vedete che ci sono persone disposte ad andare lì e ad aiutare la gente del Donbass come volontari, soprattutto gratuitamente, allora dovremmo esaudire il loro desiderio e aiutarli a raggiungere la zona di combattimento”. Il ministro della difesa Sergei Shoigu gli avrebbe risposto: “Riteniamo ovviamente che sia giusto esaudire queste domande, in quanto queste persone non vogliono denaro, ma parlano dal cuore”.
La prima domanda che sorge di fronte a questo sconcertante botta e risposta è: a chi è rivolto il messaggio? E chi sarebbero (e quanti) questi impavidi volontari “dal cuore tenero” che desiderano ardentemente e disinteressatamente rischiare la propria vita per aiutare la gente del Donbass sparando agli ucraini (civili compresi)?
Come è facile intuire, la realtà è molto più prosaica di quanto si vorrebbe far credere ad una certa opinione pubblica russa, alla quale il “duetto” verosimilmente si rivolge. Da notare che in un passaggio precedente i combattenti della brigata internazionale arruolata dagli ucraini venivano liquidati come “mercenari”. La differenza sottintesa (ma ben evidenziata) è che i mercenari lo fanno per denaro, i volontari per un nobile ideale.
In seguito, lo stesso ministro Shoigu ha comunicato tramite l’emittente televisiva Zvezda (di cui è proprietario) che i volontari sarebbero 16 mila “provenienti dal Medio Oriente e dalla Siria”. Non sarebbero ancora arrivati nella “zona di combattimento”, perchè intanto in Siria, i russi in collaborazione con le autorità del regime siriano, avrebbero aperto uffici di reclutamento a Damasco, Aleppo, Deir el Zor, Homs, Hama, Raqqa, Daraa, ecc. E i “volontari” accorsi sarebbero ben oltre i 16 mila annunciati da Shoigu, si vocifera che sarebbero addirittura 40 mila: detto così, pare che ci siano parecchi siriani che non hanno altro da fare se non andare a cambattere in Ucraina.
Quello che non si fa fatica ad immaginare è che l’attrattiva sia piuttosto l’ingaggio: c’è chi parla di 400 dollari per un mese, chi di mille al mese per un impegno di 7 mesi, chi addirittura di 15 mila al mese a tempo indeterminato, se poi siano davvero dollari e non piuttosto rubli non si sa. In realtà pare che non si tratti neppure di reclutamenti volanti quanto piuttosto del trasferimento di formazioni paramilitari filo-governative (ma non controllate dal governo di Assad) da tempo arruolate e finanziate dagli stessi russi, notoriamente ben presenti in Siria a sostegno del regime fin dal 2015. O forse si tratta di ex miliziani rimasti disoccupati. Potrebbe essere indicativo delle intenzioni, quanto avrebbe detto un siriano arruolato per l’Ucraina: “Non è un modo per dare valore alla mia vita, ma se muoio in Ucraina, la mia famiglia potrà vivere”.
Comunque i candidati al trasferimento verrebbero vagliati da una compagnia di sicurezza russa che nessuno nomina, ma che tutti ritengono trattarsi della Wagner, una ben nota pmc (private military company) russa presente, oltre che nel Donbass, anche in Siria, in Libia e almeno in una decina di Paesi africani, particolarmente in Centrafrica e in Mali.
Si dice, pare, forse, non si sa, probabilmente… Perchè se c’è una cosa sicura in questa guerra, e non solo in questa, è la manipolazione delle notizie e la sistematica produzione di fake news. Nulla è lasciato al caso o alla “versione” di altri: nemici o testimoni che siano. Il sospetto è che questa continua “interpretazione” pilotata dei fatti (accompagnata naturalmente dalla retorica d’obbligo, comprensiva di virile indignazione e sacrosanta fierezza), non avvenga solo da una parte ma in qualche modo anche dall’altra: la nostra. Certo con linguaggi più insinuanti e sottolineature forse un po’ meno pacchiane, ma neppure troppo. Sia le guerre che le “operazioni militari speciali” hanno bisogno di consenso, ahimè, per convincere il maggior numero che i conflitti sono comunque colpa di qualcun altro. E che non sono poi così orrendamente disumani per chi sta “giustamente” dalla parte della ragione, del diritto e dell’amore per la patria (o della democrazia).
Guardare in faccia la verità dell’uomo (quella esistenziale prima ancora di quella filosofica o teologica), in quanto unica umanità, è un’operazione ritenuta troppo impopolare da qualsiasi potere, costituito o meno, quasi si trattasse di una pericolosa ingenuità. Io prego, insieme a molti altri, che l’adesione a questa ingenuità cresca e si affermi. È già in cammino.